ROMA (WSI) – Dal primo gennaio di quest’anno come risaputo è in vigore in Europa il regime del bail-in. Significa che a partecipare ai piani di aiuto delle banche a rischio crac sono anche i correntisti e gli investitori. In attesa della pubblicazione degli stress test di fine luglio a molte banche, tra cui l’italiana MPS, è stato chiesto di rafforzare i livelli di capitale e smaltire i tanti miliardi di sofferenze lorde in portafoglio.
Il rischio che scatti un piano di bail-in per salvare le banche con i soldi dei correntisti c’è. Ci sarebbe però un modo semplice per salvare gli istituti italiani in crisi senza dover chiedere sforzi ai risparmiatori e agli obbligazionisti degli istituti. La proposta viene da Adam Lerrick dell’American Enterprise Institute – specializzato nel trovare soluzione ai problemi relativi al debito.
Lo schema è in linea con quella avanzata temo fa quando scoppiò il caos delle banche portoghesi, ma con un metodo più equo in modo che le perdite siano distribuite in modo proporzione tra tutti gli investitori nello stesso tipo di obbligazione. Insomma, tutti i piccoli risparmiatori si salveranno e tutti gli obbligazionisti riceveranno lo stesso trattamento.
Da tempo il settore bancario italiano è in crisi, ma nessuno sembra sia ancora riuscito a trovare un piano adeguato per mettere finalmente la parola fine a questa situazione che sta diventando tragicomica. I titoli delle banche, vedi l’esempio di Unicredit, sono vittima di saliscendi schizofrenici in Borsa, provocati dalle dichiarazioni di Bruxelles o dalle ultime speculazioni circa una soluzione politica interna. Peraltro la crisi che ormai dura da otto anni si sta per certi versi intensificando nel post Brexit.
Qualche mese fa, dovendo ricapitalizzare di due miliardi di euro Novo Banco (good bank nata dalla ceneri di Banco Espirito Santo), la banca centrale lusitana decise di proteggere i piccoli risparmiatori. Per farlo alla bad bank vennero trasferite cinque emissioni obbligazionarie senior non garantite che avevano come somma minima dell’investimento i 100mila euro. È la soglia che di solito separa chi deve pagare il conto salato dei piani di salvataggio e i correntisti che invece, se hanno un conto di deposito al di sotto di quella cifra, non vengono toccati.
Le emissioni erano quindi in mano per larga parte ai grandi investitori istituzionali. Tuttavia la disparità di trattamento tra investitori nella stessa tipologia di titoli è stata palese, a tal punto che portò a tutta una serie di cause legali e alla perdita di credibilità della banca centrale del Portogallo. Altri istituzionali più “fortunati”, infatti, vennero risparmiati, perché possedevano una serie di bond senior non garantiti, che non essendo stati trasferiti alla bad bank non vennero colpiti.
Come funziona bail-in che risparmia i correntisti
Il caso portoghese può però essere preso come base di partenza per uno schema “semplice, lineare e più equo”, come scrive Paul Murphy su Financial Times Alphaville. Una volta stabilita la somma di capitali freschi che deve esser iniettata nell’istituto in crisi, le sue obbligazioni vengono aggregate per tipologie omogenee – siano esse subordinate, senior garantite o senior non garantite.
A quel punto avviene l’intervento in base alla specie di bond da sacrificare. Prima di agire si stabilisce la quota da salvare, quella che corrisponde all’investimento dei piccoli risparmiatori. Come spiega il blogger Mario Seminerio “Lerrick identifica tale soglia da proteggere in 200 mila euro, ma potrebbe trattarsi anche del solito spartiacque di 100 mila euro, usati per i depositanti. La quota non protetta, cioè sacrificabile, viene convertita in azioni o trasferita alla bad bank”.
“Le perdite eccedenti la franchigia sono imputate pro-rata. In tal modo si realizza una perdita proporzionalmente identica per tutti, sullo stesso strumento finanziario, sopra la quota di franchigia intesa come protezione del piccolo risparmiatore”.
Il caso portoghese è stato mal gestito e per certi versi si è rivelato controproducente. Ma se si ricorresse a un simile schema per le banche italiane, che è in teoria valido per tutta l’Europa, secondo Lerrick applicare la soglia dei 200 mila euro permetterebbe di risparmiare il 90% degli obbligazionisti retail.
Fonte: FT Alphaville