MILANO (WSI) – Il mercato non si fida e chiede al management di Unicredit di fare presto con i piani di rafforzamento patrimoniale. Nonostante abbia “passato formalmente” gli stress test della Bce, Unicredit si colloca comunque al quartultimo posto fra i 51 istituti di credito europei per capitale su base transitoria, e alla sesta peggiore nello scenario avverso. Il livello di capitale inferiore al 7,5% fa temere per la solidità dell’istituto in caso di crisi grave.
Insomma, solo cinque banche europee hanno fatto peggio di Unicredit negli stress test dell’Eba e visto che la banca ha registrato un valore di Tier 1 inferiore al 7,5%, Wall Street Italia e diversi analisti tra cui quelli di Kepler Cheuvreux la considerano tra le perdenti degli esami. In media il settore bancario italiano ha registrato un 7,6%, il che indica che il comparto è tra i meno solidi d’Europa insieme ad Austria e Irlanda.
Sul capitolo Unicredit, cresce l’incertezza su quali saranno i piani di rafforzamento del capitale. I titoli sono stati sospesi per eccesso di ribasso due volte stamattina a Piazza Affari e in chiusura fanno segnare un calo del 9,4% sotto i 2 euro. L’11 marzo valeva più del doppio (4,050 euro). Il problema della banca è anche che si è impegnata a fornire finanziamenti ad altre società del credito italiane in difficoltà.
Unicredit: servono altri 8,5 miliardi di capitale
L’analisi di Banca IMI su Unicredit è la più impietosa: nonostante gli stress test abbiano mostrato che il sistema finanziario italiano è abbastanza solido, secondo gli analisti, la banca milanese potrebbe aver bisogno di 8,5 miliardi di euro di capitali freschi addizionali per poter raggiungere un livello patrimoniale Cet1 che nel 2018 sia in linea con la media europea sotto lo scenario avverso.
Secondo UBS ci sarebbe invece bisogno di 5-6 miliardi in più. Negli stress test Unicredit ha fatto segnare un 7,12% appena sopra la soglia del 7% dalla quale di solito scattano le svalutazioni delle obbligazioni.
Le incertezze vengono riconosciute anche dal management. Gli stress test hanno spinto l’istituto di Piazza Gae Aulenti a chiarire in una nota successiva alla diffusione dei risultati, lo scorso venerdi, che lavorerà con la vigilanza della Bce “per capire fino a che punto azioni manageriali credibili possano compensare parte dell’impatto dello scenario avverso, per valutare l’impatto dei risultati su piani di capitale forward looking di UniCredit e la sua capacità di soddisfare le necessità di fondi propri e per determinare se siano necessarie ulteriori misure o modifiche del piano di capitale di UniCredit'”.
Per la banca guidata da Jean Pierre Mustier nello scenario peggiore il Cet1 ratio è risultato del 7,12%, cioè il più basso dei quattro istituti italiani che hanno retto la prova sotto sforzo, per lo meno stando ai parametri dell’Eba che avevano fissato un’asticella molto bassa, al 5,5%.
Lo stress test ha evidenziato un calo del Cet1 di UniCredit nel 2018 al 7,12% in caso di scenario avverso dal 10,59% di fine 2015 (il coefficiente salirebbe invece all’11,57% in caso di scenario base). Per il 2016 la Bce aveva assegnato a UniCredit un target Srep del 10%, pari al 9,75% piu’ un buffer Global Sifi dello 0,25%.