“Non vorrei essere troppo ottimista, ma direi che, almeno al momento, sembra che la situazione in Europa sia sottostimata”: Jean-Claude Trichet non ritiene che le molteplici crisi fronteggiate negli ultimi anni dall’Unione Europea, mettano in evidenza i limiti dell’euro o della gestione della Bce, che lo stesso Trichet ha presieduto fino al 2011. In una lunga intervista concessa a Marketwatch l’economista francese descrive così lo scenario attuale:
“Direi che il rischio sovrano è stato superato. Penso che sia stato un duro lavoro portare questo a termine in tutti i Paesi che si trovavano in difficoltà. Le loro bilance correnti erano fortemente in deficit. Non è quanto si vede ora. Chi doveva fare un aggiustamento lo ha fatto. Molti di questi Paesi dono tornati alla crescita. Al di là di Irlanda e Spagna, ove la crescita è molto significativa, non si parla di nulla di straordinario, ma pur sempre di crescita”.
Nelle parole dell’ex banchiere centrale si ripercorre quindi la stagione dell’austerità inaugurata dopo la crisi del 2011, che è costata quei famosi sacrifici che tutti ricordano proprio per ribilanciare quel deficit corrente che i vari Paesi in crisi avevano con altri membri dell’Eurozona. Fin qui nulla di nuovo, salvo una difesa appassionata dell’euro, che, a detta di molti economisti (fra i quali Joseph Stiglitz è forse quello più in vista), ha contribuito in maniera determinante alla configurazione di questi squilibri. Chi profetizzava la fine dell’euro o la sua precarietà intrinseca, dice Trichet, alla prova delle crisi del 2007-8 e del 2010-11, ha dovuto riconoscere che la moneta unica ha retto. Questo, però, ha messo in evidenza le esigenze di riforma dell’Eurozona:
“Dobbiamo rinforzare la governance fiscale, economica e finanziaria. E’ stato fatto in parte […] Sul fronte monetario è assolutamente essenziale, in un’area valutaria unica, che una moneta unica nominale, nel medio lungo termine diventi una moneta unica reale. Perciò non dovrebbero essere tollerate grosse e persistenti deviazioni in termini di competitività dei costi e nell’evoluzione prezzi, nei costi e nei ricavi nominali”.
Il che, detto in parole più semplici, dovrebbe portare il differenziale nei costi per unità prodotta (per fare un esempio chiaro) verso la convergenza fra i diversi Paesi di Nord e Sud Europa. Nel caso italiano e dei Paesi mediterranei, ciò comporta, fra le altre cose, la compressione del potere contrattuale dei lavoratori e della domanda interna, se ciò contribuisce a far scendere i prezzi e accrescere la competitività internazionale. Nel caso tedesco, come recentemente ricordato da Mario Draghi, si dovrebbe spingere nella direzione opposta, ossia verso politiche a favore del rialzo dei salari e dei consumi interni, in grado d’innalzare l’inflazione. Coordinare questo genere d’interventi a livello europeo, dice Trichet, è uno degli elementi chiave per rafforzare l’Unione monetaria.
“L’helicopter money? Lo facciano i Governi”
Secondo l’ex banchiere centrale, inoltre, la lotta contro la deflazione e una ripresa che stenta definirsi soddisfacente, non dovrebbe passare dall’helicopter money, dall’accredito diretto di denaro verso le famiglie, da parte della Bce. Secondo Trichet, piuttosto, dovrebbe essere lo stato a intervenire, visto che, nel complesso, l’Ue è in surplus col resto del mondo del 3,5% del Pil. Fatto che non è necessario e offre spazi per manovre di tipo espansivo senza innervosire i mercati.
“Non penso che nessuna discussione sull’helicopter money sia mai stata messa sul tavolo del consiglio direttivo della Bce. Direi che non sarebbe per nulla una buona mossa”, afferma Trichet, “se agli occhi delle nostre democrazie appare il bisogno di una sorta di distribuzione del potere d’acquisto su base egualitaria, penso che in una democrazia, questa sia una decisione di competenza del parlamento su proposta del governo. Dovrebbe essere il denaro pubblico a essere speso […] non credo che dovremmo chiedere a una banca centrale di farlo”.
Ciò che però sembra trascurare Trichet è che, a differenza di un tempo, non sono più i governi, tramite le banche centrali nazionali, a poter creare moneta (tramite l’emissione di titoli direttamente acquistati dall’istituto centrale), ma solo la Bce, potenzialmente, gode di questo privilegio all’interno dell’Area Euro. Un intervento espansivo “egualitario” tramite le finanze pubbliche, allo stato attuale di cose, andrebbe finanziato tramite la coperta corta dei parametri europei sul deficit.