Il ruolo di assistenza delle grosse banche d’affari americane allo Stato si è configurato diverse volte nella storia recente del Paese; e se in Italia adesso si torna a parlare di Jp Morgan come di un attore fondamentale per il risanamento di Mps, va ricordato che, di operazioni non proprio alla luce del sole se ne ricordano diverse altre.
A ripercorrere queste storie è la firma di Repubblica Giovanni Pons, che tiene a sottolineare come i servigi della banca americana siano sempre stati “ottimamente retribuiti”. JP Morgan, insomma, facendo affari con e sull’Italia, ha guadagnato un bel po’ di soldi.
Fra gli episodi più scoccanti c’è l’aiuto che Jp Morgan offrì al governo italiano nella seconda metà degli anni Novanta, quando grazie a uno swap fra lira e yen venne consentito un immediato utile allo Stato nel 1997, denaro essenziale per avvicinare l’Italia ai parametri d’ingresso nell’euro.
Nel 2010 il New York Times riportava la storia, denunciata dall’economista Gustavo Piga in una relazione al Cfr, in questi termini:
“Nonostante alti deficit, un derivato attivato nel 1996 consentì di portare il budget italiano in linea con i parametri swappando valute con JP Morgan a un tasso di cambio favorevole e mettendo più soldi nelle mani del governo. Come contropartita l’ Italia si impegnò a futuri pagamenti che non erano contabilizzati come passività”.
Ben Steil del Cfr, invece, così riassumeva l’operazione nel 2002:
“Il Tesoro italiano ha intrapreso uno swap altamente inusuale Yen-lira, sottovalutando la lira del 44%, si è imitato, appunto, un grande prestito. Il contratto ha richiesto all’Italia di effettuare pagamenti di interessi negativi alla banca per un importo di un sorprendente 1.677 punti base Lira-Libor nel 1997 (il che significa che l’Italia ha ricevuto fondi) e per poi invertire tutti gli effetti nel settembre 1998. Ciò ha ridotto il deficit italiano nel 1997 per poi aumentarlo nel 1998”.
In tempi più recenti, quando diverse grandi banche avevano iniziato a scommettere sulla disgregazione dell’euro buttando sul mercato i propri titoli di stato italiani, in quella passata alla storia come la crisi dei debiti sovrani del 2011, Jp Morgan era corsa in aiuto del nostro Paese.
Scrive Pons:
“…La stessa costruzione dell’ euro è messa sotto pressione e tutte le banche americane ed europee, attraverso i loro dipartimenti speculano sulla disintegrazione della moneta unica, che però non avviene. Nel momento peggiore della crisi la Deutsche scarica sul mercato miliardi di titoli di Stato italiani, ma Jp Morgan cerca di distinguersi dal coro, fedele alla tradizione, aumentando la propria esposizione verso controparti italiane: 5 miliardi nel 2011 diventano 7,5 miliardi nel 2015 e 8,4 nel marzo 2016”.