ROMA (WSI) – Siamo qui in Italia per un follow up dei nostri investimenti e anche per essere rappresentati nelle assemblee societarie”. A parlare è Ali Mahamoud Hassan, il 42enne chairman del Lia, il Libyan Investiment Autorithy, il Fondo sovrano libico creato ai tempi di Gheddafi nel 20016 e che conta all’attivo oggi 67 miliardi di dollari di attività.
L’Italia è il paese dove la Lia ha investito di più e oggi è arrivato nel Belpaese per incontrare i vertici di Eni, Leonardo-Finmeccanica, Cassa Depositi e Prestiti, Snam e il ceo di Unicredit, Jean Pierre Mustier. Il motivo?
“Inutile ricordare quanto l’Italia sia molto importante per noi, per relazioni politiche e commerciali e per gli investimenti fatti. Quello che stiamo cercando di fare è colmare il vuoto che si è creato in Libia con la caduta del prezzo del petrolio e gli stop alla produzione. In Italia abbiamo partecipazioni in grandi società e istituti e contiamo di coinvolgerli nella ricostruzione della nostra economia. Penso a settori come la sanità, i trasporti, gli aeroporti. E ci vorrà anche un forte aiuto finanziario per supportare i progetti”.
Andando nel dettaglio il giovane chairman del Lia indica quale aiuto può dare il suo fondo all’Italia.
“Possiamo fornire facilitazioni creditizie e assicurazioni per le imprese che vogliono investire in Libia e per le istituzioni finanziarie che credono nel nostro mercato. I nostri assets all’estero sono congelati ma possiamo usare i nostri fondi interni, circa 8 miliardi di dollari disponibili per investimenti”.
In merito ai grandi gruppi italiani quali Eni e Leonardo-Finmeccanica, il presidente della Lia non ha dubbi: “una rappresentanza nei consigli di queste società sarebbe utile solo per salvaguardare i nostri interessi”.
“Potremmo farlo, ma non sarebbe una cosa fine a se stessa. Siamo qui in Italia per presentarci come legali rappresentanti del Lia. Siamo qui per un follow up dei nostri investimenti e anche per essere rappresentati nelle assemblee societarie. Siamo qui anche per parlare di partnership, e se raggiungeremo degli accordi inizieremo a studiare il modo per implementarle insieme. Questo però non significa che non potremo essere parte dei consigli”.
Fonte: Corriere della Sera