Economia

Rischio credit crunch in Italia, fuga famiglie dai bond bancari

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Rischio di credit crunch, ovvero di contrazione del credito in Italia? Dopo tutti i soldi che la Bce di Mario Draghi ha elargito alle banche, l’erogazione dei prestiti è ben lontana dall’essere scontata.

Tutt’altro. Da una indagine sul credito bancario in Italia, portata avanti da Bankitalia nell’ambito di un’analisi condotta dalla Banca centrale europea, risuolta che l’offerta del credito da parte degli istituti italiani potrebbe diventare più rigida nel quarto trimestre del 2016.

Dal report di Bankitalia sono emersi anche dati relativi alla dinamica dei prestiti nel corso del terzo trimestre. Si apprende che i criteri di offerta dei prestiti alle imprese e alle famiglie “sono rimasti invariati”, mentre è andata avanti “la riduzione dei margini applicati alla media dei prestiti, sia per le imprese sia per le famiglie. Gli intermediari si attendono, per il trimestre in corso, che i criteri di offerta rimangano sostanzialmente invariati”.

Sempre nel terzo trimestre dell’anno “l’espansione della domanda di prestiti da parte delle imprese si è interrotta, mentre si è rafforzata ulteriormente per le famiglie”.

Per il quarto trimestre, “la domanda delle imprese resterebbe invariata mentre aumenterebbe ulteriormente quella delle famiglie”. Il tutto mentre arriva l’avvertimento su una possibile restrizione di credito nel quarto trimestre.

Tutto questo, mentre viene certificata la fuga delle famiglie italiane dai bond bancari. Così riporta l’Ansa, che cita una ricerca pubblicata da Bankitalia (occasional paper), da cui emerge che “il calo (delle obbligazioni detenute in portafoglio) è iniziato nel 2012 e si è acuito sia con la fine del trattamento fiscale di favore e l’arrivo del bail-in, che in Italia ha visto l’azzeramento dei titoli subordinati delle 4 banche. A marzo 2016, si legge nel paper che non riflette necessariamente l’opinione di Via Nazionale, il peso delle obbligazioni bancarie sulla ricchezza finanziaria delle famiglie era tornato sotto il 5%. Inoltre, nota la ricerca, circa il 40% dei titoli bancari detenuti a maggio 2016 scadrà entro il 2017; il 90% entro il 2020. In assenza di nuovi acquisti, la loro quota scenderebbe a meno dell’1 per cento della ricchezza finanziaria del settore”.

Ma occhio anche altri numeri diffusi dallo studio di cui sopra, di Massimo Coletta e Raffaele Santioni, pubblicato nella collana Occasional Paper della Banca d’Italia.

Dallo studio emerge che la maggior parte delle obbligazioni bancarie in mano alle famiglie italiane scade tra cinque anni.

Così il rapporto, stando a quanto reso noto dall’agenzia di stampa Radiocor:

“Le famiglie italiane detengono in portafoglio obbligazioni bancarie per poco meno di 200 miliardi. Di queste circa 28 miliardi sono i bond subordinati. Questi ultimi sono diventati più rischiosi dopo la risoluzione delle quattro banche nel novembre del 2015, che ha portato all’azzeramento dei titoli subordinati detenuti anche dai risparmiatori retail. Da un diagramma per anno di scadenza contenuto nel lavoro, emerge che dopo il 2020 la quota in scadenza dei bond subordinati, sul totale delle obbligazioni bancarie in scadenza, sale in modo esponenziale: è più di un terzo del totale. Tra quest’anno e il prossimo, invece, nota lo studio pubblicato sulla collana della Banca d’Italia, scadrà circa il 40% dei 200 miliardi di obbligazioni (ordinarie, strutturate e subordinate) detenute nei portafogli delle famiglie italiane, ma di queste solo il 2% e’ rappresentato da subordinati. La percentuale di bond bancari subordinati in scadenza aumenta solo nel 2018 per poi ridursi nuovamente nel 2019. Il lavoro osserva, inoltre, come negli ultimi quattro anni, anche per le modifiche della tassazione, le famiglie abbiano effettuato vendite nette di bond bancari per 205 miliardi

Ed escono altri dati preoccupanti sulle condizioni di salute, in generale, delle banche italiane. Si tratta dei numeri snocciolati qualche minuto fa dall’ ABI, secondo cui nel mese di settembre i prestiti delle banche hanno segnato una crescita zero.

La dinamica è rimasta praticamente invariata, se si considera sia il dato complessivo per privati e PA (-0,4%) che i soli prestiti a famiglie e imprese (-0,01%). Nel mese di agosto le variazioni erano state pari a -0,6 e -0,16%. In rosso inoltre i prestiti alle imprese non finanziarie (-0,2%), condizionati dall’andamento degli investimenti e del ciclo economico. Il rapporto mensile dell’Abi ha messo in evidenza che il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni si è attestato a settembre 2016 su un “nuovo minimo storico” di 2,05% (rispetto al 2,16% di agosto); giù anche i tassi di interesse sul totale dei prestiti, diminuiti anch’essi al nuovo record minimo del 2,97%.