ROMA (WSI) – Per mettere in difficoltà la cosiddetta casta dei politici, di cui gioco forza sono entrati a far parte ma da cui si sono sempre voluti distaccare, rifiutando anche di farsi bollare ed etichettare come “onorevoli”, i rappresentanti del MoVimento 5 Stelle hanno depositato un disegno legge ambizioso per tagliare gli stipendi dei parlamentari.
La proposta di legge sfortunatamente per i cittadini e i conti pubblici italiani, che dalla misura potrebbero prendere una bella boccata d’ossigeno nella forma di un tanto prezioso quanto necessario taglio alla spesa pubblica, non passerà. È partita la discussione del testo e degli emendamenti. Beppe Grillo, confondatore del M5S, ha promesso che assisterà al dibattito in aula.
Il disegno di legge prevede una riduzione del 50% delle retribuzioni dei parlamentari e una riforma di rimborsi spese e diaria. Il premier Matteo Renzi risponde alla sfida facendo il demagoga: per combattere il fenomeno dell’assenteismo, proponendo che i deputati e senatori vengano pagati a ore, ma non accetta di toccare il suo stipendio.
Il problema è che, al contrario della proposta del M5S, quella del governo non aiuta a eliminare i vantaggi economici che può avere un parlamentare a prescindere dallo stipendio che riceve. Uno dei veri problema in Italia riguarda i soldi pubblici extra che prendono i politici e come li usano per i loro affari privati.
Casi di “spese pazze” hanno interessato tutte le formazioni politiche storiche, senza distinzione (da destra a sinistra). Lo stesso Renzi, ai tempi in cui era alla Provincia di Firenze, ha approfittato della sua posizione di politico per spendere in cene e viaggi.
Andando a vedere i numeri del testo del M5S arrivato in aula ieri, i parlamentari passerebbero dal ricevere uno stipendio lordo di 11 mila euro al mese a ottenere circa 5 mila euro lordi. In termini di gruzzolo netto al mese, quindi, un parlamentare si vedrebbe decurtato lo stipendio da 5mila a 2.500 euro.
Il ddl propone anche una diminuzione della diaria che spetta ai parlamentari e che è destinata alle spese per il loro soggiorno a Roma. Il M5S vuole che i 3.500 euro vengano assegnati solo a chi non vive e risiede a Roma. Sul capitolo rimborsi spese, pari a 2.500 euro al mese, dovranno essere tutti rendicontati e non verrano più esborsati automaticamente.
Se da un lato non si tratterebbe di sacrifici enormi per un parlamentare che non risiede già a Roma, il risparmio prodotto invece per le casse statali sarebbe importante. Secondo i promotori del testo potrebbe arrivare fino a un massimo di 87 milioni di euro l’anno, di cui 61 milioni provenienti dal taglio delle indennità a Camera e Senato e altri 25 circa dalla riduzione di diaria e rimborsi.
Grillo: manifestate davanti al Parlamento
Sotto lo slogan che è diventato anche un hashtag sui social media #DimezzateviLoStipendio, il blog gestito da Grillo ha esortato il suo pubblico e più in generale i sostenitori del M5S e della proposta di legge a organizzarsi per fare sentire la propria voce con una manifestazione davanti al Parlamento.
Secondo Grillo il PD voterà contro. Renzi dice che il Pd non è contrario, in partenza, anzi, alla trasmissione di La7 “In mezz’ora” ha detto che il suo partito “è favorevole, ma come? Quelli del M5S hanno inventato una proposta che rischia di non funzionare. Io farei una controproposta: perché ai parlamentari invece dell’indennità piena non diamo l’indennità di presenza? Mi spiego: Di Maio ha il 37% di presenze in aula, diamogli il 37% dell’indennità. La verità è che i 5 stelle giocano a fare i più puri ma poi sono come gli altri“.
Su una cosa ha ragione, sull’altra no: è proprio difficile che il PD, come del resto gli altri partiti, votino a favore. Sull’assenteismo del 29enne Di Maio, invece, è stato fin troppo generoso con le stime. Stando ai dati raccolti dal sito Internet di Open Polis, il vice presidente della Camera dei Deputati ha un indice di presenza in aula del 31,75%, leggermente inferiore alla metà della media.