Le elezioni presidenziali si sono concluse con un evento cigno nero in stile Brexit e i grandi investitori stanno facendo le proprie puntate. Ai piccoli investitori il consiglio che danno gli analisti è quello di non fare mosse azzardate e investire somme più piccole di quanto non farebbero in situazioni standard. La sensazione che si aveva prima del voto era che il mercato, un po’ come accaduto il 23 giugno, fosse un po’ troppo compiacente e stesse sottovalutando le potenzialità di vittoria di Donald Trump.
Sebbene fosse dato sfavorito dai sondaggi, si sapeva che, rappresentando il magnate dell’immobiliare un voto di protesta anti establishment, il candidato dei Repubblicani poteva farcela in un’elezione come quella americana che per giunta si decide stato per stato. Secondo gli analisti di ING se avesse vinto Hillary Clinton il dollaro Usa si sarebbe rafforzato su yen ed euro e anche il peso messicano sarebbe salito di prezzo. In caso di trionfo del rivale Trump si sarebbe invece materializzato lo scenario esattamente opposto: meglio accumulare beni rifugio e aumentare l’esposizione dei portafogli alla liquidità.
Caccia “riflessiva” ai beni rifugio
Per Ubs una caccia ai beni rifugio “riflessiva” è già in atto, con i prezzi dei Treasuries Usa che stanno salendo. Trump, critico della gestione Yellen, intende azzerare i vertici della Federal Reserve. Il dollaro, tuttavia, paga dazio per via dell’incertezza sulle prospettive economiche. Il biglietto verde cede l’1% sui principali rivali, ma le perdite si stanno riducendo a metà mattinata e sono dimezzate rispetto agli scambi asiatici: è possibile che si riscatti ancora nelle prossime ore. Intanto lo yen giapponese guadagna il 2,9% sul dollaro. In rialzo anche il franco svizzero e le altre valute rifugio. L’oro fa un balzo del 3,6%.
Gli asset percepiti come rischiosi cedono quota: i future sull’S&P 500 lasciano sul terreno il 4,2%, mentre i future sul Dow Jones hanno a un certo punto accusato un calo di anche 750 punti. Poi la paura è presto rientrata e gli operatori hanno capito che le politiche di Trump non potrebbero essere positive per tutta una serie di settori come energia, finanza e pharma. Il peso messicano perde il 9% sul dollaro: Trump ha promesso che innalzerà un muro per impedire ai migranti di arrivare dal Messico, ma non è detto che succederà veramente: il Congresso rimane Repubblicano ma il numero di conservatori moderati e Democratici è sufficiente da poter impedire una misura del genere. Anche se gli effetti di prima battuta sono stati sconcertanti, il mercato azionario americano dovrebbe riprendersi nel medio termine, secondo le aspettative di Ubs e di altri broker.
I fondamentali finiranno per compensare l’incertezza politica e la Borsa Usa ha la capacità di rimbalzare se le trimestrali societarie non deluderanno. L’Eps dovrebbe crescere in media dall’1% di quest’anno all’8% nel 2017, stando alle stime del CIO della banca svizzera. Alcuni repart industriali potrebbero trarre beneficio dalla nuova ondata di protezionismo, come il settore energetico e quello finanziario. La fine del programma di assistenza sanitaria pubblico Obamacare dovrebbe favorire il comparto farmaceutico. I gruppi attivi nelle infrastrutture e nella difesa dovrebbero a loro volta approfittare di una politica fiscale espansiva.
In ogni caso la volatilità continuerà a essere molto elevata e porterà a smottamenti e distorsioni sui mercati sul breve termine, e gli speculatori cercheranno di trarne profitto. Sul mercato obbligazionario, Ubs pensa che il rally dei Titoli di Stato Usa non durerà a lungo. Il mercato, che prima dava per scontato un rialzo dei tassi della Fed a dicembre, ora pensa che le possibilità siano al 50%. Ma sul lungo termine, Trump ha promesso tagli alle tasse senza ridurre le spese pubbliche. Un deterioramento dell’outlook fiscale dovrebbe spingere al ribasso i tassi di interesse che il governo dovrà pagare per rifinanziarsi. La curva dei rendimenti è destinata a diventare più ripida.
L’incertezza politica e le turbolenze di mercato restano alte nonostante il partito Repubblicano abbia mantenuto il controllo di entrambe le Camere del Congresso. Trump rappresenta comunque una mina vagante e bisognerà vedere quali saranno le sue scelte da qui all’insediamento a gennaio per capire meglio quali saranno le sue intenzioni reali. Simile anche la previsione dei gestori di Allianz Global Investors, secondo cui oro e dollaro sono favoriti nell’immediato dall’elezione a sorpresa di Trump, mentre bisogna stare alla larga per ora da bond e azionario. Alla lunga questo scenario potrebbe invece cambiare.
Tra i singoli listini azionari globali, conviene stare alla larga da Europa, Giappone e mercati emergenti, secondo Sociètè Gènèrale. In Europa un mercato cui potrebbe fare comodo essere esposti è quello più difensivo della Svizzera, che è peraltro molto esposto al comparto farmaceutico (peso del 38% alla Borsa di Zurigo).
Mercati: su cosa puntare se vince Trump
A parte una pioggia di vendite a breve termine su un azionario con prezzi inflazionati, i money manager di Allianz prevedono smottamenti consistenti verso l’oro e un rafforzamento del biglietto verde. L’indice S&P 500, stimano gli analisti di Sociètè Gènèrale, troverebbe nel breve un primo supporto a quota 2.150-2.200. Una buona puntata è chiaramente quella sull’indice Vix della volatilità, che scambierebbe in una forchetta compresa tra 25 e 30 punti.
Nel medio termine l’S&P 500 sarà molto altalenante, a causa della grande incertezza sulle decisioni di politica ed economia. Gli analisti di Barclays vedono un ribasso medio nell’ordine dell’11-13% per il listino principale di Wall Street. Ai mercati non piace l’ideologia economica di stampo protezionista di Trump e l’incognita riguardante la geopolitica e i possibili voltafaccia diplomatici. Altri analisti vedono un calo più contenuto del 3-5% nelle prime sedute post voto.
Per avere un’idea di quelle che sarebbero state le variazioni percentuali in caso in cui a vincere fossero stati invece, come sembrava dai sondaggi, i Democratici, bastava guardare all’andamento dei mercati il giorno prima dalle elezioni: il dollaro guadagnava l’1,2% contro lo yen e lo 0,7% contro sterlina euro e franco svizzero. Correvano anche i mercati azionari, che tifavano Clinton e avevano tirato un sospiro di sollievo dopo che l’Fbi ha confermato la decisione di luglio scagionando l’ex Segretario di Stato Usa dalle accuse legate allo scandalo emailgate.
Una cosa sicura è che il mercato non avrebbe dovuto prendere sotto gamba le potenzialità di Trump di spuntarla, dal momento che si sapeva che gli bastava assicurarsi qualche stato importante in bilico (New Hampshire, Maine, Ohio) e quelli storicamente Repubblicani (Florida, Arizona) per farcela. Non andava insomma escluso un effetto sorpresa della portata di quello visto dopo la Brexit.