Manca poco: il prossimo 5 dicembre gli elettori italiani si recheranno alle urne per votare SI o NO alle riforme proposte dal premier Matteo Renzi con un referendum costituzionale. Per ora, i sondaggi danno netta la vittoria del fronte No, precisando che sarà cruciale la scelta degli attuali indecisi: certo, la credibilità dei sondaggi sta vivendo a livello globale un periodo di forte crisi, e il riferimento non può non essere alle previsioni su chi avrebbe vinto le elezioni Usa dello scorso 8 novembre.
Fatto sta che, per ora la stampa mondiale si sta concentrando sulla probabile “sconfitta” di Renzi, come emerge anche dal titolo dell’articolo di Bloomberg: “Final Polls Show Renzi’s Referendum Heading for Defeat in Italy”, ovvero “Gli ultimi sondaggi indicano che il referendum di Renzi va verso la sconfitta in Italia”.
Un altro articolo di Bloomberg segnala allo stesso come il mondo dell’imprenditoria italiana stia facendo quadrato attorno al premier: si fanno i nomi di alcuni tra i dirigenti più importanti, come di Sergio Marchionne, numero uno di FCA e Rodolfo De Benedetti, presidente di Cir. Un sondaggio stesso di Bloomberg News mette in evidenza il sostegno che i manager italiani, in generale, hanno assicurato al presidente del Consiglio.
A essere intervistati gli amministratori delegati e i presidenti delle 100 principali società italiane per valore di mercato: i dirigenti di 42 aziende, che rappresentano un valore di mercato superiore ai 240 miliardi di euro, hanno risposto al sondaggio o reso comunque pubblici i commenti sulle intenzioni di voto. E da tali commenti il sostegno a Renzi è inequivocabile, visto che tra i 42 manager, il 98% ha detto che si esprimerà a favore delle riforme proposte con il referendum costituzionale.
Così De Benedetti:
“Facciamo fronte a una scelta tra, da un lato, il cambiamento e l’innovazione e dall’altro lato l’immobilismo e la conservazione (dello status quo). E’ dunque normale che gli imprenditori, che per decenni hanno chiesto riforme strutturali, siano a favore. La questione principale è che il dibattito si è spostato dal merito della riforma a un voto politico sul governo. Se si chiedesse agli italiani di avere un sistema più efficiente e meno costoso, chi risponderebbe no?”.
Tra chi ha spiegato la ragione del voto a favore delle riforme, il 94% ha detto che una vittoria del “Si” snellirebbe il processo decisionale del governo, sostenendo in tal modo le aziende e gli investimenti.
La metà degli intervistati ritiene inoltre che il Si ridurrebbe l’instabilità politica.
Un altro 39% ha motivato la scelta del SI con il fatto che Renzi rimarrebbe premier, evitando una crisi politica e il 28% guarda con favore al taglio dei costi della politica.
Agli intervistati è stata data la possibilità di dare più di una motivazione alla loro intenzione di voto.
Tuttavia, i sondaggi sembrano anticipare una disfatta per Renzi.
Secondo la rilevazione Ipsos per il Corriere della sera, il fronte del No sarebbe al 55% contro il 45% di sì; per il sondaggio Demos per La Repubblica il No sarebbe avanti con il 41% contro 34% per il SI, mentre Piepoli per La Stampa dà il No al 54% contro il 46% per il SI.
Il rischio dell’astensionismo è decisamente elevato:
Secondo Ipsos il 46,5% degli aventi diritto al voto rimarrà a casa. Nicola Piepoli tuttavia afferma che
“la maggioranza della popolazione andrà a votare. Non si tratterà del 90%m come dice il nostro sondaggio, ma probabilmente si supererà il 50% e potremmo arrivare a 30 milioni di voti validi”.
Dal sondaggio Ixé trapela inoltre che in una settimana la fiducia degli italiani verso Renzi e il suo referendum costituzionale è scesa di 1 punto, attestandosi rispettivamente al 32% e al 30%, a fronte del 21% di fiducia per Giorgia Meloni e il 19% per Grillo e Salvini.
Tra le istituzioni, si mette in evidenza il 72% di fiducia nelle Forze dell’ordine, mentre si attestano al 57% la Chiesa e la Presidenza della Repubblica.