Un alert chiaro e tondo sui mercati finanziari italiani arriva da Bankitalia. Così palazzo Koch nel suo “Rapporto sulla stabilità finanziaria”:
“Gli indicatori segnalano un forte aumento della volatilità attesa per il mercato italiano a ridosso della prima settimana di dicembre, in corrispondenza con il referendum sulla riforma costituzionale”.
Bankitalia pone l’accento sul ruolo salvifico delle manovre di politica monetaria che sono state lanciate dalla Bce e che sono tuttora attive.
“Nell’area dell’euro e in Italia le condizioni monetarie espansive contribuiscono a sostenere la liquidità dei mercati finanziari, a ridurre i premi per il rischio sulle obbligazioni private, a contenere le tensioni sui titoli di stato. Dopo le elezioni negli Stati Uniti, i rendimenti obbligazionari sono aumentati in tutte le economie avanzate; lo spread sui titoli pubblici italiani è salito. Le prospettive di una crescita ancora modesta in Europa e l’incertezza legata agli sviluppi politici nei principali paesi avanzati potrebbero alimentare forti variazioni dei corsi delle attività finanziarie nei prossimi mesi. Gli indicatori di mercato registrano un aumento della volatilità attesa sulle azioni italiane nella prima settimana di dicembre, in corrispondenza con il referendum sulla riforma costituzionale”.
Per le banche italiane, uno dei tanti problemi è rappresentato dal calo della redditività.
“Nella prima metà del 2106 il rendimento annualizzato del capitale e delle riserve (Roe) delle banche e dei gruppi bancari italiani si è dimezzato al 2,5% rispetto allo stesso periodo del 2015″. A ciò si aggiunge che “le banche rimangono esposte agli choc, di origine interna o internazionale, che possono riflettersi sui mercati dei capitali e sulla crescita economica”.
Detto questo, ci sono anche notizie confortanti sugli istituti di credito:
Nel primo semestre di quest’anno è “lievemente migliorato il grado di patrimonializzazione del sistema bancario italiano. Alla fine di giugno il Common Equity Tier1 era pari, in media, al 12,4% delle attività ponderate per il rischio, dieci punti base in più rispetto al valore osservato alle fine del 2015″. Inoltre, “il leverage ratio, che indica l’adeguatezza del capitale rispetto a una misura delle attività non ponderate per il rischio è pari mediamente al 5,1% per i primi cinque gruppi bancari, al di sopra del livello minimo (3%) e sia a quello medio per un campione di 39 grandi banche europee (4,7%)”. Sulla questione spinosa dei crediti deteriorati, Palazzo Koch fa notare che, rispetto alla fine del 2015, il tasso di copertura sui crediti deteriorati è aumentato di un punto percentuale al 46,4%, “valore leggermente superiore a quello medio delle principali banche della Ue”. Nel complesso, nel corso del 2016, si è assistito a una crescita della qualità del credito e a un calo dei flussi e delle consistenze dei crediti deteriorati, con i flussi scesi nel terzo trimestre “al 2,6% dei crediti totali rispetto al 3,3% di fine 2015” e “le consistenze nette calate al 10,4% dal 10,9% di fine 2015”.
Tuttavia, una nuova minaccia incombe sulle banche italiane: si tratta del nuovo standard contabile Ifrs9 che, a partire dal 2018, richiederà che le rettifiche di valore siano basate sulle perdite attese, invece che su quelle effettivamente realizzate.
Guardando al contesto generale:
“I rischi per la stabilità finanziaria derivanti dal quadro macroecomico globale restano elevati: al rafforzamento della crescita attesa nelle economie emergenti si contrappone il persistere dell’incertezza sulle prospettive dei paesi avanzati. Nell’area euro le aspettative di inflazione sono basse per tutto il 2017″.
Nel rapporto di Bankitalia c’è qualche riferimento positivo alle condizioni in cui versano le aziende e le famiglie:
“La redditività delle imprese è in aumento. Il margine operativo lordo è cresciuto del 5% nei dodici mesi terminati a giugno 2016″. Sempre riguardo alle imprese, i debiti finanziari relativi al giugno del 2016 si sono confermati a un valore pari al 77% del Pil, “oltre sei punti in meno rispetto al 2012”.
Più rosea rispetto al passato anche la situazione delle famiglie, il cui debito, anche se cresciuto, rimane decisamente sotto controllo. Tra prestiti per l’acquisto della casa, credito al consumo e altri debiti, lo stock di debito è pari a circa il 60% del reddito disponibile lordo, ben inferiore al livello medio dell’Eurozona che viaggia sopra il 90%. Si è rafforzata tra l’altro la capacità di saldare i debiti, e il tasso di deterioramento dei prestiti alle famiglie è tornato all’1,7% sui livelli precedenti la crisi finanziaria.
Infine, fa notare Bankitalia, nel primo semestre del 2016 il reddito disponibile delle famiglie italiane è salito del 2,6%. Dietrofront invece per la ricchezza, che ha risentito dell’andamento negativo dei mercati finanziari, e ha sofferto così una contrazione al 2,8%.