ROMA (WSI) – Le partite Iva sono tra le categorie a uscire sconfitte dalla nuova manovra finanziaria. Di tutte le misure previste dalla legge di bilancio, quella a favore di giovani e nuove imprese con partita Iva sembrava, almeno sulla carta, una delle più riuscite. E invece per via della scoperta di una certa carenza di risorse, è stata bloccata. Quello che non è stato bloccato è il rincaro fiscale sui liberi professionisti che dovranno versare una nuova imposta occulta.
Come ricorda anche il Corriere della Sera “il premier Matteo Renzi ha bloccato via Twitter gli emendamenti alla legge di Bilancio che avrebbero comportato una maggiore tassazione per gli affittuari di Airbnb («finché sarò al governo non ci saranno nuove tasse») ma finora non si è mosso per evitare una nuova imposta occulta sulle partite Iva”.
Il decreto legge fiscale approvato dalla Camera e al vaglio del Senato dice che tutte le tipologie di partite Iva dovranno far fronte a otto nuovi adempimenti fiscali, che comportano costi stimati in 480 euro annui nel 2017 e 720 già dal 2018 per ciascun soggetto.
Le associazioni dei professionisti sono su tutte le furie: in pratica in nome della lotta all’evasione fiscale di pochi – seppur sacrosanta – si rischia di torpare le ali a tutte le partite Iva ben intenzionate.
“Non si comprende – denuncia Andrea Dili presidente di Confprofessioni Lazio – come a fronte di provvedimenti governativi che vanno nella giusta direzione ovvero studi di settore, superammortamenti, disegno di legge sul lavoro autonomo si introducono invece contestualmente norme che accrescono il peso della burocrazia, scoraggiano gli investimenti e finiscono per pesare su chi le tasse le paga già”.
Secondo l’associazione delle partite Iva del Lazio, Confprofessioni Lazio, “sarebbe stato meglio concentrarsi su strumenti meno onerosi per le imprese e su soluzioni meno anacronistiche”. Invece, stando alle prime previsioni sull’ammontare complessivo dei nuovi adempimenti burocratici, si giungerebbe alla somma di 10 miliardi nel triennio che va dal 2017 al 2020, un ammontare di un miliardo più alto del gettito previsto.
Cosa cambia
Il governo Renzi di fatto sta tramutando disposizioni che prima erano da osservare una volta l’anno in quattro costi su base trimestrale. Con la “trimestralizzazione” dello spesometro e la comunicazione ogni tre mesi dei dati delle liquidazioni periodiche dell’Iva, l’esecutivo stima di recuperare 2 miliardi di euro nel 2017, una somma significativa per chiudere i conti della finanziaria.
L’impressione è che, con un debito pubblico gigantesco e una crescita pressoché piatta – il risultato del +0,3% del terzo trimestre non ha ridato semplicemente qualche speranza alle autorità, bensì è stato salutato come un risultato eccezionale – il governo, che ormai si accontenta delle briciole, faccia fatica a trovare un equilibrio tra la volontà di varare misure espansive e che favoriscano investimenti e imprenditoria, e la necessità di serrare la cinghia.
In un paese dove le iniziative imprenditoriali sono spesso strozzate sul nascere da una burocrazia complicata e tassazioni elevate, l’emendamento al decreto fiscale che doveva allargare le maglie del regime forfettario era stato salutato positivamente dai liberi professionisti.
La delusione è stata cocente quando invece la settimana scorsa è stato deciso di stralciare l’iniziativa dopo che la Ragioneria si è resa conto che mancavano 30 milioni di coperture l’anno prossimo e 80 milioni quello successivo. Il rischio era che se una partita Iva arrivasse al limite, finisse per fare poi del nero pur di non oltrepassare la soglia di reddito.