di Sàntolo Cannavale Ex coordinatore attività finanziarie e responsabile risparmio gestito presso il Banco di Napoli. Autore di articoli e libri in materia di risparmio e finanza.

Mps, specchio dell’Italia sprecona e imbrogliona

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Mps è lo specchio dell’Italia sprecona, imbrogliona e politicamente scorretta. Nonostante due precedenti aumenti di capitale miliardari a carico di azionisti super-bidonati, il valore del titolo azionario si è ridotto negli ultimi 24 mesi da 2 euro a 24 centesimi di euro.

Nel corso dell’assemblea degli azionisti per il relativo salvataggio tenuta il 24 novembre 2016 è stato richiesto e votato, tra l’altro, l’accorpamento delle azioni 1 ogni 100: espediente che avvolge nella nebbia le malefatte del passato aziendale e prelude ad un altro bagno di sangue per quel poco che resta ai malcapitati azionisti.

Il prezzo massimo di sottoscrizione delle nuove azioni Mps è stato fissato in 24,9 euro: valore improbabile che tende a restituire momentaneamente ed illusoriamente il prestigio aziendale dissipato nel tempo ed una visibilità artificiosa sul piano borsistico.

Se va a fondo il Monte Paschi – data di nascita 1472, terza banca italiana per clienti, giro d’affari e dipendenti – l’Italia rischia il collasso finanziario, economico e politico. E la politica appare interessata fortemente alla scabrosa vicenda bancaria, vista anche la tempistica programmata per gli appuntamenti dei vertici societari.

Leggo dalla stampa che una seconda riunione del consiglio di amministrazione sarebbe già calendarizzata per lunedì 5 dicembre 2016, quindi immediatamente dopo il referendum costituzionale che pende come una spada di Damocle sull’esito dell’operazione di Mps.

In quella data i vertici potrebbero discutere sia dell’impegno degli investitori stabili (anchor investor) sia dell’accordo di sottoscrizione (underwriting agreement) con il consorzio di garanzia per l’aumento di capitale pari a cinque miliardi di euro. La ricapitalizzazione infatti dovrebbe partire tra il 7 e l’8 di dicembre (tre/quattro giorni dopo il referendum del 4 dicembre) per concludersi entro Natale.

E’ interesse di tutti – Governo italiano in primis anche nella sua qualità di primario azionista – salvare l’istituto di credito senese ricorrendo, se necessario ed in via eccezionale, all’intervento pubblico per un rapido ed efficace risanamento.

E’ opportuno non stritolare gli attuali azionisti: sarebbe l’ennesimo messaggio di irresponsabile disprezzo per i risparmiatori in generale e, in particolare, per quelli che avevano scommesso su Mps prima e dopo le precedenti ricapitalizzazioni, ed avevano accordato fiducia agli organi nazionali ed europei di controllo.

Sarebbe l’ennesimo, micidiale colpo al dettato dell’articolo 47 della nostra Costituzione (quella tuttora in vigore) che recita testualmente: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.

Tutto questo in una fase della storia italiana caratterizzata da andamento insoddisfacente dell’economia nazionale e dalla inadeguatezza delle istituzioni pubbliche a porvi credibile rimedio; in una fase nella quale l’Italia è sorvegliata speciale per l’ingestibile debito pubblico (2.230 miliardi di euro) e per le strozzature economiche e burocratiche che ne bloccano la possibile crescita.

Immagino che la Banca Centrale Europea – che ha la diretta supervisione su Mps – e la Commissione Europea non ostacolerebbero il salvataggio eccezionale per mano pubblica di una banca del “sistema” “troppo grande per fallire” (too big to fail).