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Mps: azionisti e risparmiatori pagano, manager lucrano

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Mentre il processo penale sugli amministratori del passato tarda a concretizzarsi, azionisti e investitori pagano l’ennesimo aumento di capitale diluitivo di Mps, il terzo in tre anni, che si porta appresso pure il rischio che scatti il bail-in per obbligazionisti e risparmiatori correntisti.

Mentre tutto è incerto intorno alla crisi patrimoniale di Mps, compreso l’iter processuale che decideranno di seguire i magistrati, l’unica certezza sono le laute commissioni pagate da Mps ai suoi manager per il piano di messa in sicurezza dell’istituto. A dirlo è Elio Lannutti, presidente di Adusbef.

Il numero uno dell’associazione a tutela dei consumatori denuncia la “gestione criminale del credito e del risparmio avallata dai distratti vigilanti”, che ha finito per “saccheggiare” la più antica banca del mondo. Se poi il salvataggio da 5 miliardi di euro, che contempla l’offerta vincolante di conversione di fino a 1,5 miliardi di euro di bond subordinati in nuove azioni, dovesse saltare, scatterebbe il ricatto del bail-in.

Il piano di Morelli-Grilli (con la supervisione di JP Morgan) “alimenta l’ennesima speculazione a danno del parco buoi, come risulta dalle cospicue vendite sui bond oggetto di conversione, che ha prezzato sulla piattaforma DDT un nuovo minimo a 58,5 euro, con il rendimento lordo a scadenza superiore al 40%, volumi pari a 1,3 milioni corrispondenti a 772mila euro, scambi chiusi ieri a 5,9 milioni nominali ed un controvalore di 3,5 milioni di euro, mentre dal bond 2008-2018 oggetto di conversione in nuove azioni Mps, dalle quali la banca si aspetta un’adesione per circa 206 milioni nominali, (10% dell’offerta complessiva, di 2,06 miliardi)”, scrive Lannutti.

Ieri, nel giorno dell’avvio dell’operazione di ricapitalizzazione e di conversione vincolante dei bond, a cui il gruppo Generali – creditore di 400 milioni di euro in titoli subordinati – ha deciso di partecipare, per salire all’8% del capitale di Mps, i titoli hanno subito un crollo di due cifre percentuali in Borsa dopo una raffica di sospensioni al ribasso.

L’avvicinarsi dell’appuntamento con il referendum costituzionale di domenica contribuisce a creare nervosismo e dubbi sull’ennesimo piano di salvataggio. Uno dei piccoli soci azionisti lo ha chiesto espressamente durante l’ultima assemblea straordinaria propedeutica all’approvazione del rafforzamento patrimoniale: “Come facciamo a fidarci ancora”? Se lo chiederanno probabilmente anche gli anchor investor, gli investitori a lungo termine del settore privato che dovranno partecipare all’investimento nell’azionario di Mps.

Otto banche italiane a rischio default o bail-in

Detenere equity del settore bancario italiano in un momento di elevata incertezza sul futuro politico e di allarme per la montagna di crediti deteriorati iscritta a bilancio non sembra essere una scelta oculata al momento. Secondo il Financial Times con una vittoria del fronte del No al referendum costituzionale del 4 dicembre, almeno otto banche italiane sarebbero a rischio (default o bail-in).

Il salvataggio della terza banca d’Italia comporta costi complessivi pari a 448 milioni di euro, “tra spese riferibili alle transazioni significative relative all’operazione di cartolarizzazione, alla cessione dei crediti di leasing e gli effetti derivanti dall’aumento di capitale sociale inclusa l’operazione di liability management, determinati sulla base delle informazioni disponibili al 21 novembre 2016, che si aggiungono agli altri costi, che si aggiunge agli oltre 400 milioni di euro che la banca ha pagato negli ultimi due anni per altri aumenti di capitale, rendendo Mps uno dei maggiori pagatori di commissioni in Europa”.

“Lo scorso anno infatti Mps, utilizzato come pronta cassa dai partiti di riferimento, che hanno sempre scelto con l’avallo di Bankitalia gli amministratori – spiega Lannutti nel comunicato – ha pagato 130 milioni a un gruppo di banche inclusa Ubs, per organizzare l’aumento da 3 miliardi, mentre nel 2014 ha pagato advisor per circa 300 milioni per il suo aumento da 5 miliardi, tutti aumenti di capitale bruciati ed addossati sulla pelle di risparmiatori, azionisti, obbligazionisti, lavoratori”.

Adusbef denuncia il comportamento dei dirigenti della banca e delle autorità di regolamentazione che non intervengono a protezione dei piccoli azionisti, dei risparmiatori e dei lavoratori, a cui sono stati addossati i costi dell’operazione.

I piccoli risparmiatori preferiscono vendere i bond con una perdita superiore al 41%, piuttosto che rischiare di perdere tutto consegnando i bond per la conversioni in azioni di una banca con 47 miliardi di euro di crediti deteriorati e dal futuro incerto da diversi mesi.

Questo nonostante le rassicurazioni del premier Matteo Renzi che ha consigliato di investire nel gruppo a gennaio di quest’anno. Il titolo ha però perso da allora oltre il 60%, “senza la necessaria glasnost sugli allegri fidi concessi a gruppi ed imprese amiche di cui si ignora l’esistenza: è ç