Dallo scoppio della crisi dei debiti sovrani, l’Italia resta una seria minaccia per la stabilità dell’area euro. Secondo gli analisti di Lombard Street Research il referendum costituzionale di domenica è un “game-changer” per l’Europa. Anche in caso di vittoria del governo, data come poco probabile dai sondaggi e dai mercati, c’è il rischio di una sorpresa alle elezioni del 2018 e la possibile vittoria di una formazione contraria all’euro (M5S oppure coalizione di centro destra con Lega Nord e Fratelli d’Italia).
Se invece si andasse alle elezioni anticipate nell’estate del 2017, sia con una nuova legge elettorale concordata dalle larghe intese in stile patto del Nazareno (Renzi-Berlusconi) per scongiurare la vittoria al secondo turno del M5S, sia con l’Italicum attuale (difficile che rimanga così com’è), il governo che uscirà dalle urne sarà ancora una volta fragile. Nella storia di un paese che ha visto succedersi 27 primi ministri differenti dal 1948 a oggi, un esecutivo forte come era percepito quello attuale di Renzi-Alfano – pur con i suoi tanti difetti – aiutava a dare fiducia agli investitori stranieri nell’Italia.
Secondo l’analisi di Lombard Street Research (vedi grafico sotto) in un paese politicamente polarizzato – e diviso anche all’interno degli stessi partiti – come è l’Italia, anche una nuova modifica della legge elettorale non porterà a una stabilità politica duratura a Palazzo Chigi. Le bozze della legge elettorale di cui si parla negli ultimi giorni (a metà tra uninominale e proporzionale) sembrano studiate per favorire la formazione di coalizioni di partiti che tra loro hanno differenze di programma (il PD dovrebbe allearsi con i centristi e la sinistra, mentre il centro destra dovrebbe mettere insieme filo europeisti con formazioni populiste anti euro come la Lega Nord): sarebbe una ricetta riciclata e disastrosa. Comunque sia, dovremo rassegnarci a un governo debole che rischia di fare da apripista a un esecutivo che non rappresenta il volere dei cittadini (governo di tecnici).
In caso di vittoria del fronte del No, Renzi lascerebbe. I nomi che si fanno per un eventuale governo tecnico traghettatore che porti alle prossime elezioni anticipate con le restanti riforme necessarie, tra cui quella delle legge elettorale, sono in un certo senso rassicuranti per i mercati, perché non rappresentato una grande svolta, essendo tutti e tre candidati moderati del Partito Democratico, senza ambizioni o velleità di una futura leadership del paese.
Tra i candidati si fa il nome del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, di quello della Cultura Dario Franceschini e del presidente del Senato Piero Grasso. Di tutti questi scenari futuri che potrebbero aprirsi dalla prossima settimana, è tornato a parlare il Financial Times torna a parlare del futuro dell’Italia, politico e bancario, ma stavolta lo fa con toni meno apocalittici dei giorni scorsi, quando aveva citato la possibilità di una crisi finanziaria per otto banche italiane in caso di sconfitta del governo Renzi al prossimo imminente referendum costituzionale.
Referendum, scenario 1: correzione tecnocratica
Se il referendum andasse in modo diverso da quello auspicato da Renzi è probabile che quest’ultimo onorerebbe la sua promessa di dimettersi da primo ministro in caso di sconfitta. È per lo meno l’opinione del Financial Times.
A quel punto il presidente Sergio Mattarella avvierebbe trattative con i partiti politici del Paese e sceglierebbe un nuovo primo ministro a capo di un governo tecnico. Il suo mandato sarebbe quella di limitare eventuali ricadute di mercato dal voto, che potrebbero colpire le banche del Paese, e approvare la legge di bilancio 2017.
Ma il nuovo governo potrebbe probabilmente anche essere incaricato di cambiare la legge elettorale del paese – una misura controversa che dà seggi in più al partito che vince la maggior parte dei voti – prima delle nuove elezioni dell’inizio del 2018. In caso contrario, il Movimento 5 Stelle – definito populista dal quotidiano londinese – potrebbe registrare grandi guadagni se dovesse vincere alle prossime elezioni generali.
Referendum, scenario 2: elezioni lampo
Secondo il Financial Times se Renzi subisse una pesante sconfitta, l’Italia si metterebbe sulla rotta di elezioni rapide, che potrebbero aver luogo già a partire dall’inizio del prossimo anno. Il ritorno alle urne è stato il grido di battaglia dei partiti populisti che conducono l’opposizione alle riforme costituzionali, in particolare del Movimento Cinque Stelle e del partito anti-euro e anti-immigrati della Lega Nord. Se vincessero, tali richieste sarebbero estremamente difficili da spazzare via.
Ma anche molti parlamentari nei ranghi del partito democratico preferirebbero avere nuove elezioni piuttosto che sostenere un governo provvisorio impopolare. Renzi – scrive ancora il quotidiano britannico – è il terzo premier italiano non eletto consecutivo – i suoi predecessori erano Mario Monti ed Enrico Letta – e un quarto episodio potrebbe infiammare ulteriormente l’opposizione populista.
Tali elezioni sarebbero per definizione imprevedibili: potrebbero permettere a Renzi di mettere in scena una rapida rimonta, ma potrebbero anche inaugurare un governo guidato dal M5S o portare al ritorno del centro-destra.
Referendum, scenario 3: arriva Renzi 2.0
Renzi potrebbe sempre ripensare la sua promessa, ribadita negli ultimi giorni della campagna, di lasciare il suo incarico se dovesse essere sconfitto. Malgrado le sue affermazioni di non voler far parte di qualsiasi vecchio schema, se il risultato del referendum fosse di misura, potrebbe ancora ricevere l’incarico da Mattarella per formare un nuovo governo.
Barack Obama, presidente degli Stati Uniti, ha sollecitato un tale esito in un vertice alla Casa Bianca nel mese di ottobre, quando ha affermato che gli sarebbe piaciuto vedere Renzi ancora in giro a prescindere dal risultato. Il primo ministro italiano potrebbe esserne tentato: parla spesso del desiderio di organizzare il vertice del G7 in Sicilia il prossimo maggio e le celebrazioni del 60esimo anniversario del Trattato di fondazione della UE a Roma nel mese di marzo.
Ma tale schema ha i suoi svantaggi. Le opposizioni accuserebbero Renzi di ignorare la volontà del popolo, danneggiando così le sue possibilità di rimonta. Il mandato sarebbe simile a un governo tecnico: un compito ingrato per un riformista ambizioso come Renzi. Ma, si chiede James Politi sul Financial Times, manterrebbe la parola se il dovere chiamasse?
Referendum, scenario 4: trionfo di Renzi
I sondaggi finali potrebbero essere sbagliati. E Renzi potrebbe avere ragione nella sua scommessa, secondo la quale è possibile convincere gli elettori indecisi negli ultimi giorni della campagna referendaria. In entrambi i casi, ci sarebbe ancora una buona possibilità di una vittoria a sorpresa per il primo ministro.
Ma questo – conclude il Financial Times – non implicherebbe la fine dei rischi politici. L’obiettivo principale di Renzi sarebbe quello di rafforzare la sua maggioranza nelle elezioni del 2018, piuttosto che portare avanti nuove grandi riforme economiche.
Il primo ministro potrebbe anche avere a che fare con tutti i problemi del settore bancario che scatterebbero indipendentemente da una vittoria del Sì. Molto probabilmente, cercherebbe di negoziare un accordo per cambiare la legge elettorale, in collaborazione con Forza Italia di Silvio Berlusconi, per limitare il potere dei Cinque Stelle se dovessero vincere al nuovo voto.