E’ un Renzi più “umano” quello che esce sconfitto dalla prova del referendum costituzionale: un Renzi che probabilmente piace di più agli italiani in quanto, dopo tutto il mistero sulle sue sorti in piena campagna referendaria, alla fine ha tenuto fede alle promesse fatte. Ha perso la battaglia del referendum costituzionale, e si è dimesso: come aveva detto mesi fa, prima di capire che in quel modo aveva commesso un errore tattico non da poco, nel personalizzare il voto sulle riforme costituzionali.
E’ tornato nella sua Pontassieve, ma non ha smesso di parlare, di comunicare e di farsi sentire a quelli che sotto sotto, probabilmente spera, diranno SI in futuro, questa volta a lui. Potrà rivendicare, all’elettorato italiano, di aver fatto qualcosa durante il suo governo e allo stesso tempo di aver mantenuto la parola data.
Detto questo, la chiacchiera dell’ex premier non si eclisserà affatto. Così, intervistato da Quotidiano nazionale, Renzi si confida su quello che è successo dal 4 dicembre scorso, prevedendo tra l’altro il ritorno della Prima Repubblica:
“Temo che la gente non lo abbia capito ma con la vittoria dei No si è concluso un ciclo. Non avremo più uno che governa ma tutti che inciuciano. I cittadini perderanno il potere di scegliersi i governi, le decisioni politiche più importanti verranno prese da pochi nel buio del Palazzo. Insomma è tornata la prima Repubblica. E non ne usciremo facilmente“.
Sulla modifica della legge elettorale, quella per cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deciso di conferire subito la carica di premier a Paolo Gentiloni, Renzi è, a questo punto, decisamente scettico:
“I parlamentari faranno melina nella speranza di arrivare a settembre in modo da incassare i vitalizi. E’ una vergogna, lo so, ma non mi aspetto niente di diverso“. Il risultato sarà che, “alle prossime elezioni, presumibilmente a giugno, si voterà con il proporzionale e con il Consultellum“.
Renzi avverte anche chi spera in una sua uscita definitiva dal palcoscenico della politica:
“Quando ho detto che avrei smesso con la politica intendevo dire che avrei smesso di essere pagato dalla politica, e così è stato. Non sono parlamentare, non ho stipendi, prebende nè garanzie… Eppure ho mollato lo stesso”.
Così Renzi, nel post pubblicato su Facebook la notte in cui è tornato a casa, lasciando Palazzo Chigi:
“Torno a Pontassieve, come tutti i fine settimana. Entro in casa, dormono tutti. Il gesto dolce e automatico di rimboccare le coperte ai figli, un’occhiata alla posta cartacea arrivata in settimana tanto ormai con Internet sono solo bollette, il silenzio della famiglia che riposa. Tutto come sempre, insomma. Solo che stavolta è diverso. Con me arrivano scatoloni, libri, vestiti, appunti. Ho chiuso l’alloggio del terzo piano di Palazzo Chigi. Torno a casa davvero”.
Nel post si legge:
“Sono stati mille giorni di governo fantastici. Qualche commentatore maramaldo di queste ore finge di non vedere l’elenco impressionante delle riforme che abbiamo realizzato, dal lavoro ai diritti, dal sociale alle tasse, dall’innovazione alle infrastrutture, dalla cultura alla giustizia. Certo c’è l’amaro in bocca per ciò che non ha funzionato. E soprattutto tanta delusione per la riforma costituzionale. Un giorno sarà chiaro che quella riforma serviva all’Italia, non al Governo e che non c’era nessuna deriva autoritaria ma solo l’occasione per risparmiare tempo e denaro evitando conflitti istituzionali. Ma quando il popolo parla, punto. Si ascolta e si prende atto. Gli italiani hanno deciso, viva l’Italia. Io però mi sono dimesso. Sul serio. Non per finta. Lo avevo detto, l’ho fatto. Di solito si lascia Palazzo Chigi perché il Parlamento ti toglie la fiducia. Noi no. Noi abbiamo ottenuto l’ultima fiducia mercoledì, con oltre 170 voti al Senato. Ma la dignità, la coerenza, la faccia valgono più di tutto. In un Paese in cui le dimissioni si annunciano, io le ho date. Ho mantenuto l’impegno, come per gli 80 euro o per l’Imu. Solo che stavolta mi è piaciuto meno:-) Torno semplice cittadino. Non ho paracadute. Non ho un seggio parlamentare, non ho uno stipendio, non ho un vitalizio, non ho l’immunità. Riparto da capo, come è giusto che sia. La politica per me è servire il Paese, non servirsene. A chi verrà a Chigi dopo di me, lascio il mio più grande augurio di buon lavoro e tutto il mio tifo: noi siamo per l’Italia, non contro gli altri”.
Renzi ammette:
“Ho sofferto a chiudere gli scatoloni ieri notte, non me ne vergogno: non sono un robot. Ma so anche che l’esperienza scout ti insegna che non si arriva se non per ripartire” e “ai milioni di italiani che vogliono un futuro di idee e speranze per il nostro Paese dico che non ci stancheremo di riprovare e ripartire. Ci sono migliaia di luci che brillano nella notte italiana. Proveremo di nuovo a riunirle. Facendo tesoro degli errori che abbiamo fatto ma senza smettere di rischiare: solo chi cambia aiuta un Paese bello e difficile come l’Italia. Noi siamo quelli che ci provano davvero. Che quando perdono non danno la colpa agli altri. Che pensano che odiare sia meno utile di costruire. E che quando la sera rimboccano le coperte ai figli pensano che sì, ne valeva la pena. Sì, ne varrà la pena. Insieme”.