Che l’area euro non possa sopravvivere senza l’Italia è un concetto condiviso da tutti. Il Financial Times scrive che al momento, tuttavia, l’Eurozona non può resistere così come stanno le cose nemmeno con l’Italia al suo interno. Si sta pertanto avvicinando l’appuntamento con il confronto frontale tra Germania e Italia sul futuro del progetto della moneta unica.
Politicamente, prima o poi l’Italia sarà guidata da un partito contrario alla moneta unica, secondo quanto opinato dall’editorialista Wolfgang Munchau in un articolo dal titolo “Italy poses a huge threat to the euro and union” (“L’Italia rappresenta una minaccia enorme per l’euro e l’Ue“). Sebbene per indire un referendum sull’euro bisogni prima passare per una revisione della costituzione, non va dimenticato che solo un grande partito vuole continuare a conservare la moneta unica, il PD.
Due delle tre principali forze politiche del paese, il MoVimento 5 Stelle e la coalizione Forza Italia-Lega Nord sono, sebbene in modi diversi, contrari all’euro. L’unico partito favorevole è il PD di Renzi. Ora che il primo ministro ha rassegnato le dimissioni dopo l’esito del referendum costituzionale, rischia di aprirsi una spaccatura all’interno del centro sinistra – il PD è molto diviso – che favorirebbe in termini numerici i rivali.
Secondo Munchau per garantire la sostenibilità a lungo termine dell’Eurozona oggi come oggi ci sono cinque strade percorribili, ma nessuno di questi scenari sembra realisticamente fattibile. Innanzitutto l’Italia e la Germania potrebbero riuscire a trovare un punto d’incontro. Per farlo l’Italia dovrebbe avviare le riforme economiche necessarie per ripulire il sistema giudiziario e la pubblica amministrazione, entrambe misure già promesse dal nuovo primo ministro Gentiloni nel discorso di fiducia alla Camera.
In questo scenario al governo italiano dovrà tuttavia anche essere data la possibilità di tagliare le tasse e investire nelle infrastrutture e tecnologie volte a migliorare la produttività. La Germania, da parte sua, si impegnerebbe ad assicurare un deficit fiscale più alto.
Come seconda via, gli Stati dell’area virtuosa e teutonica dell’Europa potrebbero piegarsi e accettare di avviare un meccanismo di ridistribuzione fiscale per favorire il Sud, riducendo gli effetti degli squilibri di competitività interni alla regione. La Germania è contraria, la Francia favorevole. L’ex ministro francese dell’Economia Emmanuel Macron, candidato all’Eliseo alle prossime elezioni presidenziali, ha chiarito che senza, l’Eurozona andrà incontro all’auto distruzione.
Un’altra soluzione è che l’Ue crei un’autorità politico-federale con poteri fiscali, trasferendo quindi con un sistema ‘sociale’ il reddito da chi ha di più a chi ha di meno. Oppure, il governo italiano potrebbe anche continuare a sostenere la permanenza nell’area euro all’infinito. Un’ultima possibilità è che la Bce trovi un modo per finanziare il debito privato e pubblico italiano a tempo indeterminato.
Basterebbe che si verifichi una sola di queste cinque condizioni perché l’Italia rimanga nell’area euro. Il problema è che “ognuna di queste è estremamente improbabile. E non me ne viene in mente una sesta”, scrive Munchau nell’editoriale di ieri pubblicato dal quotidiano finanziario della City.
Il più grande default della storia
Secondo Munchau il prossimo primo ministro italiano che uscirà dalle elezioni del 2018, o forse dal voto anticipato del 2017, dovrà spiegare al Cancelliere tedesco – che con ogni probabilità sarà ancora Angela Merkel – che la scelta della Germania non è tra un’unione politica in Europa o un’Europa senza unione politica, bensì tra un’unione politica in Europa oppure l’uscita dell’Italia dall’Eurozona (e quindi dall’Ue).
Vista l’interconnessione dei sistemi bancari e finanziari, un evento choc del genere (battezzato Italexit) “porterebbe al maggiore default della storia“. L’idea di diversi osservatori è che la Germania non lo permetterebbe mai. “Il sistema bancario tedesco correrebbe il pericolo di fare crac e la prima economia d’Europa perderebbe tutta la competitività guadagnata negli ultimi 15 anni”.
Proprio per questo motivo l’Italia si deve armare di coraggio, consapevole di avere dalla sua una buona leva negoziale. I primi ministri italiani finora hanno evitato un confronto frontale del genere con la Germania, ma un eventuale governo guidato dal MoVimento 5 Stelle o dalla Lega Nord potrebbe passare ai fatti e rendere concreta la minaccia Italexit.