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Non solo Mediaset, il governo teme altre scalate. A rischio è il marchio Italia

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Vincent Bolloré non si ferma e continua a scalare Mediaset, acquistando altri pacchetti azionari e salendo al 20% del capitale del Biscione. Della sua intenzione di detenere una partecipazione del 20% con la sua Vivendi, il finanziere bretone non aveva fatto d’altronde mistero, anzi lo aveva detto chiaramente negli ultimi giorni. Ma la velocità della scalata sorprende – e insospettisce-, in quanto Bolloré si è preso quello a cui ambiva in due soli giorni.

Di qui la decisione della procura di Milano di aprire un’indagine a carico di ignoti per manipolazione del mercato: insieme alla Consob, la procura era stata già allertata da Fininvest, la holding della famiglia Berlusconi che controlla Mediaset, con una denuncia firmata da Niccolò Ghedini e depositata martedì. L’accusa è manipolazione di mercato da parte di Vivendi che avrebbe depresso le quotazioni di Mediaset – scese dopo il fallimento dell’accordo ad aprile su Mediaset Premium – per poi tornare a rastrellare le azioni a prezzi molto più bassi. Si trarrebbe, insomma, del reato di aggiottaggio.

Lo scontro Bolloré-Berlusconi si fa più acceso, e continua a vedere in una posizione di forza il finanziere noto anche come raider della finanza, che ha già una quota del 24,5% di Telecom Italia. Bolloré, ora, con un quinto delle quote Mediaset, potrebbe attraverso la sua Vivendi bloccare in assemblea ogni operazione straordinaria di Mediaset.

Il caso si fa politico. La Repubblica descrive il retroscena affermando che nella guerra Bolloré-Berlusconi entra lo stesso governo italiano, determinato a difendere “l’azienda Italia”.

“Qui non è in gioco solo l’azienda di Berlusconi, la partita è molto più grossa e non possiamo stare a guardare”, avrebbe detto il premier Paolo Gentiloni ai suoi ministri. E sempre la Repubblica scrive che Palazzo Chigi teme il peggio, “ovvero che ad essere scalate in futuro siano anche Mediobanca, UniCredit e Generali“.

Intanto il governo italiano chiarisce la sua posizione in merito al dossier Mediaset. Così si legge nella nota del ministro dello Sviluppo Economico Calenda:

Gli investimenti stranieri sono sempre benvenuti, quando portano capitale di crescita e competenze e contribuiscono allo sviluppo del tessuto industriale italiano. Quando però si tratta di un’azienda che opera in un campo strategico come quello dei media, il modo in cui si procede non è irrilevante. Mi pare che questo principio sia in Francia ampiamente riconosciuto e assertivamente difeso. Premesso dunque l’assoluto rispetto del governo italiano per le regole di mercato, non sembra davvero che quello che potrebbe apparire come un tentativo, del tutto inaspettato, di scalata ostile a uno dei più grandi gruppi media italiani, sia il modo più appropriato di procedere per rafforzare la propria presenza in Italia”. Dunque, “il governo monitorerà con attenzione l’evolversi della situazione”.

Parla della sua Mediaset, di cui rischia di perdere il controllo, anche l’ex premier Silvio Berlusconi:

“Abbiamo aumentato la nostra partecipazione e continueremo a farlo nei limiti consentiti dalle leggi”. L’ex premier definisce il blitz di Bolloré, e conferma che l’acquisto di azioni da parte di Vivendi, “non è stato concordato preventivamente con Fininvest”.

Berlusconi promette dunque di non deporre le armi:

“Quanto a noi, c’è la compattezza più assoluta della mia famiglia su un punto molto preciso: non abbiamo alcuna intenzione di lasciare che qualcuno provi a ridimensionare il nostro ruolo di imprenditori. Vivendi ha avuto l’opportunità, con l’accordo strategico firmato nello scorso aprile, di avviare con Mediaset una collaborazione che si preannunciava proficua per entrambi i gruppi. Purtroppo, questo accordo è stato disconosciuto da Vivendi nei modi e con le conseguenze anche giudiziarie che sono note. Non è certo questo il miglior biglietto da visita che Vivendi possa esibire nel riproporsi come azionista industriale della società”.

Fininvest tuttavia non potrà acquistare azioni oltre il 40% fino ad aprile, visto che in quel caso scatterebbe l’obbligo di lanciare un’Opa.

Un articolo de Il Corriere fa un elenco della presenza dei francesi in Italia:

  • Nelle Tlc sta per entrare nel mercato della telefonia mobile il gruppo francese Iliad con il marchio Free.
  • I francesi di Edf controllano la storica società italiana di energia Edison. Anche Acea è partecipata da Suez Environnement.
  • Da Bulgari a Gucci, da Loro Piana a Fendi, molti brand della moda e del lusso italiani sono passati in mano francese nei gruppo Lvmh e Kering (Gucci e Bottega Veneta).
  • I francesi sono diventati proprietari di diverse banche italiane. La Bnl è del gruppo Bnp Paribas, mentre Cariparma, FriulAdria e Carispezia sono del Crédit Agricole. I francesi di Amundi hanno appena vinto la gara per comprare Pioneer da Unicredit.
  • Diversi marchi del food sono finiti in mano francese. Tra questi, il più grosso è stato passaggio di Parmalat a Lactalis. Parlano francese anche l’Orzo Bimbo, Eridania, i formaggi dell’industria casearia Giovanni Ferrario, Boschetti Alimentare Spa, Galbani e Fattorie del Sole.