Nella relazione con il cliente bisogna investire in fiducia, con incontri frequenti, e sul proprio ruolo di filtro emotivo piuttosto che parlare di performance
In cima alla lista dei motivi per cui i risparmiatori italiani si rivolgono con diffidenza ai consulenti finanziari c’è la mancanza di fiducia. Il 22% degli intervistati in un recente rapporto della Consob identifica proprio nella mancanza di fiducia verso gli intermediari la principale ragione per non usufruire dei loro servizi. Un fattore alimentato dai recenti scandali finanziari che hanno caratterizzato negativamente il mondo bancario minando il rapporto con il sistema stesso e gli operatori.
Basti pensare che per pianificare i propri investimenti il 38% degli italiani si affida al passaparola e preferisce seguire le dritte di colleghi e familiari, mentre solo il 10% si rivolge a un professionista del settore e il 28% opera in autonomia solo dopo aver ascoltato il parere di un esperto. Un italiano su quattro decide invece di fare tutto per conto proprio. Dal rapporto emerge poi che la propensione a ricorrere a un intermediario è direttamente proporzionale alla competenza finanziaria del risparmiatore. Inoltre, secondo la Commissione, i risparmiatori più competenti in materia di finanza sono in genere quelli più istruiti e per lo più risiedono nel Nord del Paese.
Si tratta comuque di un cortocircuito che penalizza anche le reti di consulenti finanziari, considerate alla stregua degli altri intermediari coinvolti nelle note vicende giudiziare ma che invece, anche negli anni più difficili della crisi, hanno saputo consolidare la quota di mercato. Per capire come conquistare o riconquistare la fiducia dei risparmiatori l’Anasf, in collaborazione con Cerme Lab dell’università Ca’ Foscari, ha condotto una ricerca dal titolo “Fiducia e consulenza finanziaria” che è stata presentata nel corso dell’evento ConsulenTia tenutosi nelle scorse settimane a Treviso.
Dalla ricerca è emerso che le variabili che potrebbero contribuire a migliorare la fiducia dei risparmiatori nei confronti dei consulenti includono sia caratteristiche professionali (ad esempio la certificazione delle competenze per il 15% degli intervistati) che relazionali (la fiducia come percezione soggettiva del cliente per il 15% degli interpellati). “La fiducia è la vera moneta di scambio nei mercati finanziari e in tutte le relazioni economiche”, evidenzia Carlo Benetti, head of market research & business innovation di GAM (Italia). “La somma di competenze sofisticate e il bene relazionale della fiducia costituiscono il software del buon funzionamento di un servizio delicato come la consulenza, che ha acquisito un ruolo sociale nella tutela del risparmio” conclude Benetti.
I consigli per riconquistare la fiducia
A presentare una sintesi della ricerca ci ha pensato Ugo Rigoni, professore di economia degli intermediari finanziari dell’università Ca’ Foscari secondo il quale “i risultati di questo studio sembrano suggerire che, nel lungo termine, il modo migliore con cui un consulente finanziario può costruire la fiducia evitando le trappole comportamentali dei risparmiatori non è quello di dare più informazioni, bensì quello di offrirsi come scudo emotivo”. “Lo studio mostra che investire sulla relazione, per esempio con incontri frequenti, e sul proprio ruolo di filtro emotivo è più importante che parlare della propria performance, che pure ricopre un suo peso, nella costruzione della fiducia con il cliente”. Tra i consigli emersi dallo studio emergono anche le modalità di comportamento da tenere con il cliente. Per il consulente è meglio non parlare di perdite evitate ma di performance migliori o in linea con il mercato. Grande importanza è rivolta anche agli aspetti relazionali. La ricerca esorta ad essere estroversi e più informali con la clientela, incrementando il numero di incontri. Inoltre sottolinea di essere emotivamente stabili e coerenti. Una relazione stabile e consolidata è fondamentale per rafforzare il rapporto con il cliente.
Tutti i numeri della fiducia
Il questionario, al quale hanno partecipato 1200 soci Anasf, ha misurato la fiducia lungo due diverse dimensioni: la percezione soggettiva del consulente, ovvero la fiducia che sente riposta in lui dai suoi clienti, e la fiducia oggettiva intesa come affidamento di parte del patrimonio e fedeltà al consulente in caso di trasferimento. La prima mostra una forte sicurezza dei professionisti della consulenza che, secondo i risultati dell’indagine, in una scala da 1 a 7 sono convinti che il cliente, alla domanda quanta fiducia riponi nel tuo consulente, darebbe un voto molto vicino al 6 (5,96). Un risultato solo in parte confermato dalla fiducia oggettiva che l’indagine firmata Ca’ Foscari ha misurato chiedendo ai consulenti finanziari quale è la percentuale di patrimonio che i clienti investono con loro. Quando si parla di nuovi clienti il dato nazionale è pari al 39,7% mentre quando si parla di clienti consolidati nel tempo questo dato sale fino al 75,4 per cento. Numeri sicuramente importanti ma non vicini al massimo dei voti come indicato dal risultato emerso nell’analisi della fiducia percepita o soggettiva. Rimangono comunque risultati positivi, sottolinea il professor Rigoni ma che, se analizzati ancora più nel dettaglio mostrano un nuovo paradigma della relazione consulente-cliente.
Per quanto riguarda la fedeltà al consulente, dalla ricerca emerge anche che, secondo il professionista, il 76,51% dei suoi clienti sarebbe pronto a seguirlo presso un altro intermediario nel caso in cui decidesse di cambiare casacca. Per stimolare il cliente e attivarlo per questo tipo di attività è necessario essere capace di una relazione attenta, costante e bisogna essere percepiti come persone su cui si può contare (veri filtri emotivi!). Questo è quello che conta di più. Dati alla mano, infatti, quando si parla di fiducia oggettiva e di fedeltà al consulente (ovvero di fiducia tale da seguire il professionista anche quando cambia rete), spicca un fattore insolito: la stabilità emotiva del consulente finanziario. “Sfatiamo un mito – chiarisce Rigoni – il consulente finanziario non deve essere un grande comunicatore ma un filtro emotivo. Solo così si crea quella relazione stabile e duratura che rende la categoria unica nel suo genere. “Il consulente destinatario di fiducia – continua il professore – è soprattutto una persona capace di trasmettere stabilità e coerenza”.
Sul tema della fiducia si è espresso anche il presidente dell’Anasf, Maurizio Bufi, secondo il quale “il rapporto di fiducia che lega il risparmiatore al consulente finanziario è come un circuito che viene continuamente alimentato. Da sempre l’Anasf sottolinea il valore dell’approccio consulenziale tipico del modello della nostra attività, che coniugando le competenze tecniche con quelle relazionali, nel tempo, anche in fasi difficili dei mercati e durante l’ultima estesa crisi finanziaria, si è dimostrato vincente. Con i risultati di questa indagine, ne abbiamo un riscontro ulteriore. Certo ci attende una fase di grande evoluzione, in cui la nostra professione dovrà fare i conti con la tecnologia e l’effetto di disruption che ne conseguirà”.
L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di novembre del magazine Wall Street Italia