a cura di Sandra Riccio
In futuro attività come la strutturazione di asset allocation e alcune scelte di investimento diventeranno una commodity. Per fidelizzare e per avere nuovi clienti i banker dovranno orientarsi sempre più verso i servizi
Il private banking italiano è in fermento. Il nostro Paese è sempre di più terra di conquista di grandi banche estere ma anche le piccole case straniere stanno accelerando il loro sbarco in Italia. Qualche settimana fa, la svizzera Lombard Odier ha aperto a Milano la sua branch di private che a regime punta ad avere 15 professionisti di altro profilo. Poco prima, la stessa mossa era arrivata da Indosuez Wealth Management Italia (Credit Agricole). Ad attrarre questi intermediari contribuisce il grande patrimonio finanziario degli italiani, uno dei maggiori al mondo e pari a 990 miliardi di euro. Un quarto di questo tesoro è ancora aggredibile dalle società di private banking. Secondo i dati Aipb, un buon 41% di questo patrimonio (385 miliardi) non è ancora seguito da strutture di private ed è, invece, in mano a banche commerciali tradizionali.
Una grande fetta di questo stock potrebbe essere gestita in maniera diversa rispetto al passato. In questo senso, i bassissimi rendimenti su uno strumento molto amato come il Btp, offrono una irripetibile opportunità per approcciare la clientela in maniera più evoluta. “Si tratta di uno scenario che darà maggiori opportunità soprattutto a chi sarà capace di sviluppare nuove idee e servizi per una clientela sempre più esigente e che richiede interlocutori preparati e disponibili ad ascoltare i differenti bisogni che emergono” dice Andrea Sette, head of business development di Banca Albertini Syz. Nel frattempo la forte trasformazione in corso nel private banking sta profondamente ridisegnando i modelli e le strategie di crescita. Prima di tutto, il contesto operativo sarà reso più difficile da alcune forze di mercato la cui portata è ancora difficile da prevedere. La regolamentazione più stringente come la Mifid2 e l’avanzare della tecnologia esigeranno adattamenti continui. A questo si sommano le incertezze legate all’incombere del passaggio generazionale. Le stime dicono che, nei prossimi cinque anni, il 50% della ricchezza globale passerà dai baby boomers alle generazioni successive.
La trasformazione del settore
Le variabili in gioco sono molte e le nuove sfide investiranno soprattutto i banker che, per stare al passo, dovranno rimodulare la propria attività, anche nelle procedure quotidiane. “Servirà un vero e proprio cambio nel paradigma culturale attuale, un po’ come già accaduto in molti altri settori negli anni recenti. L’evoluzione nel modello tradizionale di private banking sta accelerando – dice Sette -. Nei prossimi 24, 36 mesi assisteremo a un’ulteriore spinta e a più trasformazioni di quante se ne sono viste nell’ultimo decennio”.
Cosa farà il banker del futuro
È difficile prevedere dove porteranno i cambiamenti in corso. Una cosa è certa però: nel nuovo contesto che si va definendo, la figura del banker risulterà sempre più centrale. “Secondo lo scenario condiviso dalle principali società di consulenza, diventerà la porta di accesso a una lunga serie di servizi e a funzioni di carattere multi-disciplinare” spiega Sette. In pratica, il dialogo con il cliente sarà il cuore della nuova attività di private banking. Occorrerà un approccio più rivolto alla pianificazione finanziaria a tutto tondo e il banker dovrà conoscere bene il patrimonio del cliente, non più soltanto una porzione di questo. Sarà un aspetto importante per poter offrire servizi non più soltanto di natura finanziaria ma competenze che dovranno spaziare dalla materia fiscale, alla consulenza nel settore degli immobili o nel campo delle attività dell’azienda, fino alla materia della successione. Oggi i clienti private sono, molte volte, dei nuclei ultra-complessi, costituiti da famiglie allargate e con interessi e affetti dispersi in più Paesi e città. Anche per questo le competenze dei bankers dovranno essere affinate e sempre più globali per riuscire a individuare partner e interlocutori giusti per ogni specifica esigenza. “Si assisterà a un passaggio dalle attuali strutture product driven a players di tipo solution driven – sintetizza Sette -. Il ruolo del banker evolverà, i clienti avranno sempre maggior bisogno di risposte semplici a problemi più complessi. Per questo motivo la gestione finanziaria, pur rimanendo il nucleo centrale dell’offerta, non potrà essere svincolata da una comprensione dei bisogni legati alla gestione del patrimonio nel suo complesso”.
Per l’esperto, il banker sarà quindi sempre più orientato al servizio e meno centrato sul prodotto. Continuerà, da un lato, a curare la parte di asset management con strumenti sofisticati come l’accesso diretto alla ricerca e i link ai gestori. Dall’altro lato, invece, dovrà mettere a fuoco i bisogni del cliente per aiutarlo, per esempio, ad affrontare il passaggio generazionale nella maniera più efficiente per il patrimonio di famiglia. “In ogni caso, il dialogo e la condivisione delle scelte con il cliente diventeranno sempre più importanti – dice Sette -. È un’esigenza che sta emergendo già adesso tra la nostra clientela che vuole prendere sempre più parte al processo decisionale”.
Costi e tecnologia
Nello scenario attuale dei tassi a zero, se non addirittura sotto zero, la riduzione dei costi di gestione avrà un posto di rilievo. “In questo senso, il banker sarà chiamato anche a fare analisi puntuali dei costi. Non solo, dovrà anche essere capace di integrare la gestione con l’accesso alle competenze di professionisti più adatti a risolvere il problema contingente, per esempio in materia fiscale” spiega Sette. In questo modo sarà possibile servire al meglio i clienti che desiderano la consulenza del banker e un elevato livello di personalizzazione, ed essere più efficienti verso chi preferisce soluzioni più semplici, come prodotti di investimento passivi.
Per l’esperto, nel ridisegnare i rapporti e il servizio di private, un aiuto arriverà dalla nuova tecnologia con software dedicati che aiuteranno il cliente a capire il costo di gestione del suo patrimonio. Questo aspetto farà parte della comunicazione con il cliente che diventerà sempre più trasparente. “Nel prossimo futuro, grazie alle innovazioni tecnologiche e alla digitalizzazione alcune attività come la strutturazione di asset allocation, la manutenzione sui portafogli e di conseguenza alcune scelte di investimento diventeranno una commodity – dice Sette -. Per fidelizzare e per avere nuovi clienti occorrerà un cambiamento nel ruolo dei banker che dovranno diventare sempre più service oriented”. Il vantaggio del nuovo approccio risiede nel fatto che le performance di portafoglio, pur rimanendo una variabile importante, perderanno in ogni caso la centralità a favore di una percezione del valore del servizio a tutto tondo per il cliente private.
Modelli di business in evoluzione
La trasformazione è già in corso. In Europa negli ultimi anni si stanno osservando due tendenze: da una parte abbiamo le grandi banche generaliste che hanno scoperto il potenziale del segmento private e che puntano sulle economie di scala combinando la tradizionale attività di wealth management con prodotti e servizi legati ai mutui e ai finanziamenti, oltre che servizi bancari classici. In parallelo alcuni player, invece, si focalizzano sull’attività pura di wealth management, sulla consulenza a tutto tondo anche utilizzando competenze di terzi e sulla relazione con il cliente che diventa centrale in tutti i processi, dal back office al front office.
Sempre più formazione per i banker
È chiaro che la rivoluzione in corso andrà a toccare anche le competenze dei bankers così come anche le strategie di recruiting e la gestione dei talenti. I player del settore dovranno formare professionisti di alto profilo, con un solido background che, grazie anche a una formazione continuativa e rapida negli aggiornamenti, faranno delle competenze, anche nei servizi personalizzabili sulle nuove esigenze della clientela, la caratteristica distintiva e una delle principali risorse per crescere sul mercato
L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di novembre del magazine Wall Street Italia