L’effetto Trump continuerà a sostenere i mercati azionari a breve. È l’opinione di uno degli analisti più seguiti in Italia, Alessandro Fugnoli, secondo cui la periferia indebitata deve sperare in un euro debole ma non troppo. Una violazione al ribasso della parità con il dollaro spingerebbe la Germania a pretendere dalla Bce la fine del piano di Quantitative Easing e per i paesi meno virtuosi dell’area euro sarebbero guai seri.
Nonostante la Grande Rotazione in procinto di arrivare, lo strategist di Kairos continua a preferire le Borse ai bond, anche se con estrema prudenza. La cosa migliore, secondo quanto espresso dall’analista nella sua newsletter settimanale, “sarà mantenere un livello di liquidità piuttosto elevato in modo da approfittare di volatilità e rotazioni“.
Fugnoli non pensa che ci siano grandi crisi in vista, ma che i tanti rischi di politica economica e i pericoli geopolitici, nonché i valori ipercomprati di Borsa, invitano comunque alla cautela. “Ripetiamo, non ci sono all’orizzonte né crash né recessioni, ma ci sono in compenso una lotta politica incandescente in America, nuove tensioni internazionali e un’Europa in cerca di identità, il tutto con valutazioni tendenzialmente alte. Godiamoci lo spettacolo mantenendo una certa prudenza”.
Secondo Fugnoli “se il trumpismo non crollerà schiacciato dal peso delle sue ambizioni, l’America sarà più forte e il ciclo economico potrà vivere più intensamente i suoi due-tre anni di vita residua (la prognosi che prevaleva prima delle elezioni) e forse godere di tempi supplementari”.
“Se le cose si riveleranno più complicate di come appaiono oggi il ciclo di rialzo dei tassi sarà più lento e il rafforzamento del dollaro più modesto. È possibile che la nuova Fed in via di trumpificazione preferisca un contro-Qe (la vendita dei titoli in portafoglio e lo sgonfiamento del bilancio) a un aumento dei tassi, ma la trumpificazione sarà lenta e solo nel 2018 sarà completata”.
Mentre le Borse europee traggono vantaggio dall’euro debole, la Borsa di Londra approfitta del calo della sterlina. Le piazze finanziarie del continente, però, “devono stare attente ad augurarsi un dollaro sempre più forte”. Bucare la parità significherebbe infatti “mettere in difficoltà l’America, da cui tutto parte e in cui tutto finisce, e imbarcare inflazione in un momento in cui questa ha ripreso a dare segni di vita. Questo potrebbe indurre la Germania a chiedere la fine accelerata del Qe, mettendo in difficoltà la periferia indebitata“.