E ora l’alert inflazione arriva anche in Italia, in un contesto in cui la disoccupazione, che rimarrà elevata anche nel 2017, segnerà un calo, ma solo graduale. L’esercito dei disoccupati rimarrà insomma corposo anche quest’anno, in un mercato del lavoro caratterizzato ancora troppo dal congelamento dei salari. L’economia continuerà a marciare, ma il ritmo di crescita dipenderà dal funzionamento del credito e dalla capacità, da parte del governo, di portare avanti le riforme. L’assist dei consumi, inoltre, sarà inferiore. Queste le stime del bollettino economico di Bankitalia, che prevede per il 2017 un rialzo del Pil a +0,9% e un’accelerazione ulteriore nel 2018 a +1,1%.
“Le proiezioni indicano che in media il Pil dovrebbe essere aumentato dello 0,9% nel 2016 (su dati corretti per il numero di giornate lavorative)”, crescere “intorno allo 0,9% anche nell’anno in corso e all’1,1% sia nel 2018 sia nel 2019″. Una spinta alla crescita arriverà dalla “domanda nazionale e, già dal 2017, dal graduale rafforzamento di quella estera”.
Tuttavia, è molto presto per cantare vittoria, visto che “il livello del Pil nel 2019 sarebbe ancora inferiore di circa quattro punti percentuali rispetto al 2007“. Inoltre l’Italia, come tutti i paesi uniti dall’abbraccio della globalizzazione, rimarrà ostaggio di diversi fattori esogeni, oltre che del credito:
“Il quadro economico presuppone il mantenimento di un livello contenuto dei rendimenti a lungo termine e condizioni del credito, in termini di costo e disponibilità, complessivamente distese. Questo riflette l’ipotesi che non si verifichino tensioni sui mercati finanziari e bancari nell’area euro e in Italia, nè episodi di significativo aumento dei premi per il rischio e della volatilità“.
Consumi, nota stonata, inflazione risale ma è frenata da salari fermi
In tutto questo, la nota stonata arriva dai consumi, la cui crescita rallenterà il passo. Via Nazionale stima che nei successivi tre anni:
“il rallentamento rispetto allo scorso biennio sarebbe attribuibile prevalentemente agli effetti dei recenti aumenti dei prezzi delle materie prime energetiche sulla capacità di spesa delle famiglie. Il tasso di risparmio salirebbe lievemente nel corso del triennio di previsione, mostrando il consueto andamento prociclico”.
Insomma, un contesto caratterizzato da rallentamento dei consumi e dal rialzo delle pressioni inflazionistiche, in cui – causa la piaga della disoccupazione – molti italiani di nuovo non riusciranno ad arrivare a fine mese.
Riguardo all’inflazione, questa salirà “all’1,3% quest’anno e il prossimo e all’1,5% nel 2019”, rispetto allo stato di deflazione del 2016, in cui la dinamica dei prezzi è stata negativa con -0,1%.
“Al significativo rialzo previsto per il 2017 concorrerebbero in primo luogo i più elevati prezzi dei beni energetici importati; al netto delle componenti più volatili l’indice aumenterebbe in maniera più graduale” nel 2017-2019.
Un ostacolo all’inflazione e alla sua crescita arriverà proprio dai salari, che sono rimasti fermi soprattutto per i lavoratori dipendenti:
“La moderazione delle dinamiche retributive previste sulla base dei recenti rinnovi contrattuali contribuirebbe a frenare la crescita dei prezzi“. Già nel corso del 2016 “si è notevolmente ridotta la dinamica delle retribuzioni del settore privato, risentendo sia dei ritardi nella stipula di molti rinnovi sia della mancata erogazione di incrementi salariali per il 2016″. Di fatto, “il sostanziale congelamento delle retribuzioni contrattuali ha interessato circa la metà dei lavoratori dipendenti”.
Piaga disoccupazione rimane. Svanito l’effetto della riforma Renzi
La disoccupazione scenderà “solo gradualmente, portandosi al di sotto dell’11% nel 2019 (dall’11,9% del 2015). A rallentarne il calo contribuirebbe l’aumento della partecipazione al mercato del lavoro, indotta dal miglioramento delle prospettive cicliche e da fattori strutturali, tra cui l’innalzamento dell’età di pensionamento“.
E viene confermato l’effetto positivo temporaneo della riforma del lavoro targata Renzi, causa il venir meno degli sgravi contributivi:
“L’occupazione continuerebbe a espandersi, pur se a ritmi temporaneamente inferiori rispetto all’ultimo anno, in seguito al venir meno degli sgravi contributivi a favore dei nuovi assunti a tempo indeterminato”.