Citigroup ha parlato con le autorità di regolamentazione in Italia, insieme con quelle di Irlanda, Spagna, Francia, Germania e Olanda in merito a nuovo operazioni che la banca potrebbe decidere d’intraprendere in questi Paesi dopo la Brexit. È quanto ha dichiarato il chief Executive di Citi per l’area Emea, Jim Cowles, nel corso dell’European Financial Forum di Dublino. Presenti per l’occasione anche alcuni nomi di rilievo del settore bancario come il presidente dell’Abi inglese (British Bankers’ Association) Noreen Doyle, e il governatore della banca centrale d’Irlanda Philip Lane.
A quanto riporta il Financial Times, Citi sarebbe pronta a prendere una decisione sui suoi piano per il dopo Brexit entro la prima metà dell’anno e che è probabile che altre grosse istituzioni finanziarie faranno la stessa cosa, visto che “ci vogliono due anni” per portare le nuove entità operative sul campo.
Doyle, in qualità di vice presidente di Credit Suisse, in precedenza aveva precisato nel corso della conferenza che erano stati proprio due anni il tempo necessario perché l’istituto svizzero potesse portare parte della sua investment bank a Dublino.
Per quanto riguarda Citi, invece, Cowles non ha fornito dettagli su quanti posti di lavoro potrebbero abbandonare il Regno Unito. In tutto la banca ne impiega 9mila.
Il dibattito sulle prospettive della Brexit si è infittito negli ultimi giorni, in seguito al discorso con cui la premier britannica, Theresa May, sembra aver definito l’intenzione di tirare dritto verso una “Hard Brexit” in grado di minacciare il “passaporto” che permette al settore finanziario britannico di vendere i propri servizi nel’Unione Europea. Si parla di 5.500 società il cui lasciapassare europeo potrebbe essere a rischio.