Si pensava che la banca più antica del mondo le avesse passate tutte e che ora la situazione non potrà che migliorare per Mps. Invece per l’istituto di credito a corto di capitali salvato in extremis dal governo con un decreto da 20 miliardi di euro, “il peggio deve ancora venire“.
La banca toscana, sgretolatasi sotto il peso di un macigno di crediti deteriorati la cui eredità è stata trasmessa ai contribuenti italiani dopo l’intervento di aiuti pubblici del governo Gentiloni a dicembre, sostiene di essersi messa al sicuro dalla maggior parte delle perdite potenziali derivanti dai crediti deteriorati.
Ma alcuni commentatori sono più scettici del management. Per loro i segnali che arrivano non sono affatto promettenti. “È molto probabile che Mps avrà bisogno di altri soldi per risolvere i suoi problemi”, dice a Bloomberg Pierluigi Piccini, 64enne ex sindaco di Siena che in passato ha ricoperto l’incarico di manager della banca a Parigi. Secondo lui “il peggio deve ancora venire“.
Mps ostaggio dei vigneti debitori
Più di un terzo dei prestiti concessi dalla banca sono deteriorati con debitori in ritardo nei pagamenti. Tra questi figurano diversi vigneti. Complice la crisi economica degli ultimi anni, nonostante tre piani di aiuto statali dal 2009 al 2016, le sofferenza lorde in portafoglio di Mps sono aumentate di sette volte nell’ultimo decennio, toccando la somma di 47 miliardi di euro a fine 2015.
Nel cuore della Maremma toscana si trova l’area dei vigneti di Aquilaia. Con l’obiettivo di produrre un milione di bottiglie di vino l’anno, tra cui il famoso Morellino di Scansano, i proprietari dell’azienda agricola si sono rivolti alla banca toscana per ottenere finanziamenti freschi. Il prestito da 3 milioni di euro non è mai stato ripagato e ora Mps si trova con un bene che nessuno vuole nonostante sia stato messo sul mercato alla metà del valore del debito.
Aia della Macina è un altro complesso turistico dell’area di Scansano, in provincia di Grosseto, che ha contribuito ad aggravare i problemi finanziari della banca. L’azienda agricola nella località di Roggettone ha chiesto un prestito di 1,6 milioni di euro a Mps nel 2002. Quattro anni dopo, con una procedura di pignoramento la proprietà di fondo agro-forestale ad indirizzo vitivinicolo è stata messa sul mercato per una somma pari a un terzo del debito contratto (2 milioni), ma dopo sei aste nessuno ha fatto ancora un’offerta per comprarla. Gli acquirenti non si trovano.
A 150 mila risparmiatori Mps restano le briciole
Con l’ingresso nel capitale del Tesoro in Mps e la conseguente naturale diluizione sui portafogli degli altri azionisti, i 150 mila risparmiatori rischiano di diventare azionisti di “serie B”. Si tratta di piccoli investitori che in molti casi hanno già dovuto subire le conseguenze di altri due aumenti di capitale in passato, il più recente due anni fa da 8 miliardi.
Dopo la perdita di 2,6 miliardi di euro del titolo in Borsa in un anno, ai 150 mila piccoli azionisti – pari al 55% del capitale della banca – in mano rimarranno soltanto le briciole. Con il fallimento dell’aumento di capitale per mancanza di interesse da parte degli investitori privati, il titolo – che valeva 0,51 euro il 20 gennaio di un anno fa, oggi vale il 70% di meno: 15 centesimi.
L’ultima seduta di contrattazioni in ordine di tempo per i titoli della terza banca d’Italia si è chiusa infatti a 15 euro. Ma se si tiene conto che il raggruppamento delle azioni funzionale al rafforzamento patrimoniale sul mercato con 1 nuovo titolo per i 100 esistenti ha fatto flop, i calcoli sono presto fatti.
La società che gestisce gli indici della Borsa di Milano ha fatto sapere che se dopo il Cda fissato per oggi durante il quale si discuterà dell’approvazione del consuntivo per il 2016, non ci saranno novità sul ritorno alle negoziazioni in Borsa dei titoli Mps, le azioni verranno espulse dal listino delle blue chip FTSE Mib con la revisione dei panieri a marzo. Sarà l’utility Hera a prendere il loro posto.
“Le contrattazioni ritorneranno quando si saprà il piano industriale avvalorato dagli organi Bce”, ha spiegato il presidente della Consob, Giuseppe Vegas. Alle migliaia di risparmiatori non rimarrà che attendere i prossimi sviluppi
Come ha spiegato a Il Giornale Umberto Bertelè, professore emerito di strategia di impresa al Politecnico di Milano “l’uscita di un titolo dal paniere principale di Piazza Affari non rappresenta mai per una società un bel segnale, anche se nel caso MontePaschi non è certo un fulmine a ciel sereno. L’incognita ora più rilevante, per gli azionisti, riguarda le modalità di ingresso dello Stato e la loro possibilità di recuperare una frazione più o meno (ir)rilevante del loro investimento: sulla base delle valutazioni di mercato, così impone la Ue, che verranno fatte in occasione dell’aumento di capitale e/o dell’eventuale delisting”.