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Ex presidente Mps: banca “assassinata” da mala gestione

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L’ex presidente di Mps, una banca tuttora in piena crisi patrimoniale, è convinto che la società un tempo orgoglio d’Italia sia stata “assassinata” (parole sue) dalla cattiva gestione del passato. Per salvarla servono in tutto 8 miliardi e 800 milioni, secondo le stime delle autorità di vigilanza dell’Ue. Di questa somma la metà sarà a carico dello Stato, l’altra fetta degli obbligazionisti. Due miliardi di quest’ultima somma arriverebbero però sotto forma di garanzia dello Stato. In totale quindi l’intervento pubblico ammonterebbe a circa 6 miliardi e 500 milioni.

Il manager Alessandro Profumo, che ha anche ricoperto il ruolo di amministratore delegato di UniCredit, ha parlato durante la trasmissione radio Mix24 condotta da Giovanni Minoli su Radio 24. Profumo ha voluto ripercorrere, fase dopo fase, la storia dell’istituto di credito più antico al mondo finito in malora e salvato con ben tre piani di aumento di capitale negli ultimi anni, diluitivi per gli azionisti e punitivi per gli obbligazionisti.

Profumo dice di sentirsi in parte “responsabile”, un sentimento che tuttavia è “diverso dal sentirsi in colpa”, specie nei confronti di quelle che hanno creduto nell’operazione di salvataggio Mps e che hanno invece dovuto rassegnarsi alla perdita di tutto l’investimento fatto nel corso dei due aumenti di capitale da 8 miliardi di euro poi rivelatisi inutili per salvare la banca.

Dopo che l’ultimo piano di rafforzamento patrimoniale tramite appello ai privati ha fatto flop, la banca ha dovuto fare ricorso agli aiuti pubblici del governo, che a sua volta ha varato un decreto salva banche da 20 miliardi di euro. Si è arrivati fino a quel punto, spiega Profumo, perché con il tempo alcuni fattori difficilmente prevedibili hanno peggiorato le cose.

“il prodotto interno lordo italiano che non è cresciuto come tutti pensavano sarebbe cresciuto nel periodo in cui siamo stati a Siena e quindi la situazione è diventata molto peggiore”. Il primo nemico di Mps, ricorda Profumo, è stata proprio la pessima gestione anzi, per essere precisi, quella che il banchiere chiama “gestione di bassa qualità”.

Il rischio che incombeva sulla terza banca d’Italia, nei suoi momenti più difficili, era quello di fare crac, un’eventualità che avrebbe potuto addirittura portare al commissariamento dell’intera nazione. Rispondendo alla domanda su come finirà la storia infinita di Mps, Profumo non ha dubbi: “Finirà con il governo che interverrà nel capitale del Monte dei Paschi”.

L’intervento statale, viste le relazioni strette che ha sempre tessuto con Fondazioni e politica Mps, pare inevitabile secondo Profumo, il quale ha confermato a Minoli che i rapporti politici hanno “pesato parecchio”, “non tanto perché la politica dicesse cosa fare” ma piuttosto perché pin politica “c’eranopersone che poi non son state di buona qualità“.

Anche per questo motivo Profumo ritiene che l’influenza del governo italiano sulle possibili decisioni prese sul futuro della banca, non si riduceva, allora, alla sola triade di PC, DC e PDS, ma a molti altri soggetti. “L’impressione che ho avuto e che fosse necessario anche il consenso anche di altri partiti”.

Profumo si sente corresponsabile, dunque, ma non in colpa, nemmeno per aver favorito la promozione a presidente dell’Abi (Associazione Bancaria Italiana) di Giuseppe Mussari, l’ex dirigente di Mps attualmente sotto indagine insieme all’ex direttore generale della banca Antonio Vigni proprio per lo scandalo della gestione della banca.