Si allarga a macchia d’olio lo scandalo sui rapporti tra i membri dell’amministrazione Trump e la Russia. Dopo lo scandalo che ha già affondato il consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn, ora sotto i riflettori è finito il nuovo segretario alla Giustizia, Jeff Sessions, che avrebbe incontrato almeno due volte l’ambasciatore di Mosca negli Stati Uniti, durante la campagna presidenziale dell’anno passato.
Il Washington Post scrive che Sessions parlò con l’ambasciatore russo a Washington, Serghiei Kisliak, per un paio di volte nel 2016, quando era anche consigliere di politica estera della campagna di Donald Trump.
Il problema nasce dal fatto che, durante la sua audizione di conferma al Senato, quando gli è stato chiesto se fosse a conoscenza di possibili contatti tra l’entourage di Trump e dirigenti russi, Sessions non fece alcuna rivelazione. In questo modo, Sessions avrebbe commesso reato di spergiuro. Reato per cui è possibile attivare la procedura per l’impeachment.
Il segretario alla Giustizia si è giustificato, dicendo che aveva visto l’ambasciatore in qualità di senatore, non di surrogato di Trump, ma i democratici chiedono lo stesso le dimissioni perché ha violato il giuramento, e vogliono sapere quale era la natura delle sue conversazioni con l’inviato del Cremlino a Washington.
Il New York Times intanto rivela che fonti di intelligence europee, inglesi e olandesi, avevano informato i colleghi americani di incontri avvenuti nel Vecchio Continente tra funzionari russi ed emissari di Trump. Gli appuntamenti erano stati presi durante la campagna presidenziale.
Ricordiamo che prima di Session era finito al centro delle polemiche il consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn, costretto a dimettersi dopo le rivelazioni sui suoi colloqui con l’ambasciatore russo quando alla Casa Bianca c’era ancora Barack Obama. La legge prevede che cittadini statunitensi senza legittimazione (e Trump allora non era ancora in carica) non possano negoziare con paesi stranieri.