Con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali in Francia, con tutti i rischi che queste comportano per l’area euro, la moneta unica si sta indebolendo nei confronti del franco svizzero, moneta ritenuta sicura e stabile dai mercati e in grado di resistere anche a eventuali choc in Europa. È un bel problema per le autorità di politica monetaria della Svizzera.
Il cambio euro franco scambia sulla linea di parità, indeciso su quale direzione percorrere dopo alcuni giorni di grande volatilità e in generale di debolezza per la moneta unica. La volatilità implicita a due mesi è in netto rialzo oggi: l’ampliamento è addirittura il maggiore dal referendum sulla Brexit di fine giugno 2016.
Secondo Credit Suisse il franco potrebbe essere addirittura riagganciato all’euro come era successo durante le turbolenze di mercato del periodo della crisi del debito sovrano europeo. La Banca nazionale svizzera potrebbe essere infatti costretta a intervenire per impedire un rafforzamento del franco, che quando era legato da un ‘peg’ con la valuta condivisa del blocco a 18 veniva scambiato a circa 1,20 franchi per ogni euro.
“Cosa succederebbe al franco svizzero in caso di vittoria di Le Pen?” si chiedono gli analisti della banca svizzera. Molto probabilmente verrebbe reintrodotto il peg tra le due divise nei tassi di cambio. La reputazione del franco come una divisa bene rifugio rischia di compromettere i piani di crescita della Svizzera, le cui esportazioni traggono enorme giovamento da un franco non troppo forte rispetto alla controparte europea.
L’Europa è il primo partner commerciale della Svizzera: è ai mercati di questa regione che vengono venduti orologi e altri beni di lusso del ricco paese elvetico. E anche gli Usa sono un alleato commerciale fondamentale. La SNB (Swiss National Bank) ha permesso che la sua divisa scambiasse liberamente a gennaio del 2015, una volta superata la crisi del debito, ma ora potrebbe tornare sui suoi passi.
Cambio euro franco molto vulnerabile
A maggior ragione se si tiene conto che le riserve valutarie del paese oltralpe hanno raggiunto i massimi record dopo due mesi di cali. Se Marine Le Pen, leader di un partito che ha promesso di indire un referendum contro l’euro in caso di vittoria, dovesse a sorpresa spuntarla nel secondo turno a inizio maggio, per le autorità di politica monetaria in Svizzera sarebbero guai.
“Riteniamo che la situazione ora sia ancora più complicata di quanto non fosse nel 2011, perché nella lista dei desideri della Banca Nazionale sembrano esserci tutta una serie di idee nuove che prima non c’erano”.
Le misure allo studio della SNB sono le seguenti:
- Raggiungimento degli obiettivi tradizionali, come evitare una deflazione e che il franco si sopravvaluti.
- Mantenere un ampio differenziale rispetto all’euro in merito ai tassi di interesse, che aiuta a ridurre la necessità di intervenire sul valutario.
- Evitare di tagliare i tassi troppo, altrimenti i consumatori potrebbero subire le conseguenze di un calo della redditività delle banche. Le spese ne risentirebbero.
- Resistere alla tentazione di avventurarsi in politiche monetarie senza precedenti, anche per non rischiare di creare bolle.
- Continuare a combattere i comportamenti speculativi contro il franco.
- Dare massima priorità al controllo del bilancio, per evitare scenari come quello che si è prodotto nel dicembre del 2014, quando il mercato e non la SNB hanno dettato i termini degli interventi sul Forex.
- Schivare le accuse di manipolatore valutario che potrebbero arrivare dagli Usa cercando allo stesso tempo di mantenere competitivo il franco sui mercati commerciali internazionali. Gli Stati Uniti sono la destinazione principale delle esportazioni farmaceutiche della Svizzera. Il settore rappresenta il 40% dell’export svizzero.
- Non cadere nell’errore di adottare politiche che discriminano direttamente alcuni soci azionisti in particolare, come per esempio favorire i fondi pensione nazionali oppure penalizzare le banche straniere.
La sfida per la Banca nazionale svizzera non riguarda solo un eventuale intervento di politica monetaria, ma “riguarda anche il dover mandare un segnale chiaro al mercato sul fatto che la lista dei desideri si è ridotta”, dice Credit Suisse in una nota. Se dovesse fallire in tale intento, “e i punti 3,4,6 e 7 dovessero ancora rimanere sul tavolo, il cambio euro franco rimarrebbe vulnerabile anche nel caso di un intervento molto aggressivo nei giorni successivi al voto del 7 maggio. “Al contrario se la SNB riuscirà a mandare un messaggio concentrato sui punti 2 e 5, potrebbe anche non dover fare grandi cose”.