Società

Per invertire rotta servono politiche economiche anticicliche

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La critica situazione contemporanea, immersa in una profonda crisi economica che dura ormai da quasi un decennio, sta portando allo sgretolarsi del welfare state e, con esso, allo scomparsa di tutti quei traguardi sociali raggiunti nel tempo.

Assistiamo sempre più frequentemente, infatti, a tagli su sicurezza, sanità ed istruzione, al diminuire degli aiuti verso i ceti meno abbienti e, come se non bastasse, ad un continuo aumento delle tasse o all’aggiunta di nuove imposte.

Le politiche economiche keynesiane, che avevano portato lo stato di benessere più elevato che conosciamo, sono entrate in crisi negli anni ’70 a causa degli shock petroliferi e prontamente messe in discussione da economisti con pensieri appartenenti a correnti opposte: è qui infatti che fa la sua principale entrata in scena il premio Nobel per l’economia Milton Friedman.

Friedman è stato il più autorevole sostenitore del liberalismo contro l’interventismo e, riuscendo a far breccia nell’opinione generale proprio grazie al difficile momento storico, condizionò fortemente l’approccio economico, mettendo in primo piano il ruolo del mercato anziché quello dello Stato.

I liberalisti sostengono l’idea secondo cui il mercato sia mezzo più efficiente per regolare l’economia e che, quindi, l’intervento dello Stato vada limitato.

Al contrario, Keynes prima e Samuelson poi, sostenevano l’importanza dell’interventismo in modo tale che la spesa pubblica creasse indotto per tutta l’economia e portasse una leva favorevole (se ogni individuo spende l’80% del suo reddito, più reddito avrà e più persone si riusciranno ad occupare, maggiore sarà il ciclo economico).

Ad oggi, che l’economia è caratterizzata da un ciclo particolarmente lento ed il pensiero regnante è quello di Friedman, il fatto che il mercato sia automaticamente la miglior soluzione per regolare l’economia continua a portare un sempre maggior rallentamento perché fa sì che si adottino politiche procicliche (ovvero che seguono l’andamento dell’economia): se c’è crisi, si attua l’austerity.

Il fatto che i Paesi aderenti all’euro abbiano rinunciato alla sovranità monetaria, rende ancora più difficile una ripresa in quanto non è possibile per i singoli Stati adottare delle politiche economico-finanziarie specifiche alle loro peculiarità, ma devono adattarsi a dei “pacchetti standard” che l’Unione Europea stabilisce in linea generale (è impensabile che questi vadano bene per tutti; sarebbe come applicare un’unica taglia di vestiti a persone fisicamente diverse).

La soluzione, in prima battuta, potrebbe quindi essere quella di rispolverare le teorie keynesiane finite in soffitta ed adottare politiche anticicliche, ovvero che seguano un andamento inverso a quello attuale dell’economia: in risposta alla diminuzione del ciclo economico, lo Stato deve incentivare la spesa pubblica in modo da far ripartire l’indotto e generare leva espansiva, esattamente opposta a quella di restrizione che sta caratterizzando il mercato.

Di contro, qui si erge l’opposizione delle Germania che, dopo essersi costruita un contesto che le garantisca la leadership, vede come fumo negli occhi qualsiasi logica esuli dai diktat prociclici di austerity per mantenere il suo status quo.

In seconda battuta, poi, come sostenuto da sette premi Nobel per l’economia (Sen, Stiglitz, Pissarides, Mirrless, Tobin, Krugman e lo stesso Friedman) e altri economisti (ad esempio, Bagnai e Galloni), gli Stati dovrebbero tornare ad avere la propria sovranità monetaria il prima possibile, così da poter pianificare spesa pubblica, investimenti e costo del denaro.

C’è dunque la necessità di un cambio di rotta forte ed immediato; come direbbe Einstein: “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose”.

Diversamente, sarebbe come sperare di uscire da una situazione attraverso gli stessi strumenti che l’hanno creata, ma ancora una volta citando Einstein “fare e rifare la stessa cosa, nello stesso modo, sperando di ottenere risultati diversi: è follia”.