Economia

Alitalia, no avanti nel referendum: verso amministrazione controllata

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ROMA (WSI) – Per Alitalia si prospetta il fallimento e il ricorso all’amministrazione controllata. È l’effetto della vittoria dei No prevista con ampio margine di vantaggio sui Sì nel referendum sul piano di rilancio della compagnia una volta di bandiera dell’Italia. Il salvataggio sembra sempre più lontano.

Sono ore cruciali queste in cui il destino di Alitalia è appeso ad un filo o meglio ai risultati del referendum dei dipendenti chiamati a giudicare il pre-accordo raggiunto con i sindacati, la cui approvazione è fondamentale per attuare il piano di rilancio della compagnia di bandiera. Se prevalgono i No, l’unica via è quello del fallimento aziendale. Al voto ha partecipato l’87% degli aventi diritto, cioè 11.400 lavoratori.

A spiegare che al momento non esistono strade diverse per salvare Alitalia è il ministro dei Trasporti Graziano Delrio che esclude anche la nazionalizzazione, ossia l’ingresso diretto dello Stato nel capitale della società che oggi è controllata da Etihad e dal consorzio Cai, di cui fanno parte tra gli altri Intesa SanPaolo e Unicredit. A chiedere a gran voce la nazionalizzazione di Alitalia due sindacati di base, Usb e Cub ma Delrio frena.

“Non c’è un’altra soluzione né possibilità di nazionalizzazione, bisogna seguire con coraggio la strada iniziata (…) bisogna semplicemente seguire con coraggio su questa strada l’unica che può permettere di salvare tanti posti di lavoro e di rilanciare Alitalia”.

Oggi alle ore 16 si chiudono i seggi per il referendum e i risultati dovrebbero arrivare in tarda serata. I primi dati parlano di un’affluenza che continua a salire, arrivando a sfiorare il 90%. Sembra che, come rende noto un articolo de La Stampa, tra i piloti e gli assistenti di volo prevalga nettamente il no al pre-accordo, mentre gli altri dipendenti sembrerebbero divisi.

Ma cosa succederà dopo il referendum? Se dovesse vincere il sì, mercoledì 26 aprile si riunirà il consiglio di amministrazione di Alitalia che avvierà la promessa ricapitalizzazione da 2 miliardi di euro per dare autonomia all’azienda per un paio di anni. Se invece dovesse vincere il no, il cda anticiperà la seduta a domani 25 aprile, con la probabile uscita dei soci e l’avvio delle procedure per l‘amministrazione straordinaria, come scrive il Corriere della Sera. Ma rimane sempre in piedi l’ipotesi di un’acquisizione da parte di Lufthansa.

Dario Balotta, presidente di ONLIT (Osservatorio Nazionale Liberalizzazioni Infrastrutture e Trasporti) ha chiesto che si tenga un referendum anche per chi paga la ricapitalizzazione. Questo è stato il suo commento agli ultimi sviluppi sul caso Alitalia:

“L’ansia per l’esito del referendum dei lavoratori Alitalia non basta per giustificare una procedura di ricapitalizzazione sbagliata e deresponsabilizzante. A referendum, il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, doveva chiamare anche gli azionisti di Banca Intesa e Unicredit, per sapere se dopo le perdite milionarie maturate con la partecipazione in Cai/Alitalia/Ethiad, siano ancora del parere di ricapitalizzare e se questa sia una strada credibile per rientrare dai prestiti milionari fatti alla compagnia. A referendum Gentiloni doveva anche sottoporre la scelta del Governo di usare 300 milioni di euro degli Italiani, a garanzia della prevista ricapitalizzazione di 2 miliardi di euro, dopo che i vari Governi, tra aiuti di Stato, ammortizzatori sociali e tanto altro, hanno sborsato inutilmente 7 miliardi di euro negli ultimi 40 anni. Qualche attore in più sul tavolo contrattuale avrebbe almeno reso il nuovo piano industriale più credibile e i lavoratori più coscienti della posta in gioco. Il rischio è quello di tornare sempre nella casella del “Via””.