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Populismo: in piccole dosi fa bene ai mercati

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La politica ha preso il centro della scena e ha catturato l’attenzione degli investitori nell’ultimo anno. Gli osservati speciali sono i partiti populisti, spesso messi sotto accusa. Eppure, in parte, lo scenario è migliorato grazie a loro

Con l’annuncio di elezioni anticipate in Gran Bretagna fatto da Theresa May, si voterà il prossimo 8 giugno, il 2017 si conferma anno elettorale per eccellenza. Il primo appuntamento sarà con il secondo turno delle presidenziali in Francia (7 maggio).

“Si tratta di una questione di primaria importanza per i mercati – sottolinea Keith Wade, chief economist e strategisti di Schroders – e il populismo potrebbe rivelarsi effettivamente positivo per gli investitori. In seguito al voto sulla Brexit e all’elezione di Donald Trump, i mercati hanno dimostrato di essere abbastanza forti. Si potrebbe quindi affermare che il populismo è stato positivo per i mercati”.

Focus sulla Francia

Dopo l’elezione di Donald Trump, da cui ha preso avvio un trend reflazionistico che ha per ora beneficiato economie e mercati, è l’Europa ad avere preso il testimone elettorale.

“Per quanto riguarda le elezioni presidenziali francesi – spiega ancora Wade – non ci aspettiamo che Marine Le Pen vinca al secondo turno. Pensiamo ci sia una grande differenza tra le elezioni francesi e quello che è successo con la Brexit e con Donald Trump. Marine Le Pen è più una variabile quantitativa conosciuta, quindi abbiamo un’idea di quanto supporto può davvero ottenere, mentre Brexit e Trump erano complete incognite. Marine Le Pen sta anche promettendo un referendum sull’appartenenza della Francia all’Unione europea, in caso di vittoria, questo potrebbe avere conseguenze molto serie per i mercati, perché la Francia potrebbe lasciare l’euro. In ogni caso, non riteniamo che ciò sia probabile”.

Non solo populismo

In qualche modo la pressione che i partiti populisti stanno creando in Europa – conclude lo strategist di Schroders – potrebbe essere abbastanza favorevole, in quanto sposterebbe l’Ue verso politiche fiscali più orientate alla crescita”.