Economia

Materie prime, collasso manda alert sull’economia

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Il crollo delle materie prime visto negli ultimi giorni sui mercati non va ignorato, perché nasconde un problema nei fondamentali. Il mercato sta di fatto mandando un campanello d’allarme sullo stato dell’economia mondiale.

La settimana scorsa è stata una delle più negative dell’anno per le materie prime, con quasi esclusivamente tutte le asset che hanno perso valore sui mercati. Il prezzo del contratto Wti del petrolio è sceso anche sotto i 44 dollari al barile, mentre il Brent omologo ha bucato al ribasso la soglia dei 50 dollari; il rame nel frattempo ha testato il livello di $5.500 per tonnellata. In Cina, il carbone e i minerali ferrosi sono capitolati. L’oro, il bene rifugio per eccellenza, è scivolato in area $1.225 l’oncia.

Diversi investitori hanno la sensazione che di mezzo ci siano anche le manovre delle banche centrali, le quali – terrorizzate dall’idea che possano scatenarsi corse agli sportelli senza precedenti – stanno manipolando i prezzi di oro e argento. Molti investitori sono erroneamente convinti che i prezzi dei metalli preziosi siano manipolati dalle mani forti e dalle azioni delle banche centrali, in realtà sebben gli interventi su oro e argento siano innegabili, Fed e istituti analoghi stanno facendo lo stesso con le altre classi di asset come azioni, bond e immobiliare.

Quello che sono in grado di fare i banchieri centrali con le loro operazioni è al massimo impedire che i valori dei metalli preziosi esplodano al rialzo. Ma non possono spingere i prezzi troppo al di sotto dei costi di produzione (vedi tabella sotto).

Economia: tanti motivi per essere preoccupati

In realtà le ragioni delle oscillazioni negative record sono da ricercare nelle condizioni difficili dell’economia. Un esempio lo offre il caso del petrolio: sono i fondamentali e la perdita di fiducia del mercato nelle capacità dell’Opec di contenere l’offerta e stabilizzare gli equilibri con la domanda che hanno dato la stura alle nuove vendite.

Anche se la colpa viene data ai crescenti livelli delle scorte, non va sottovaluta la scarsità di domanda. I mercati stanno vivendo qualcosa di più grande di una mera correzione tecnica o di un qualche attacco speculativo passeggero, come osserva Bloomberg. I cali pesanti sono il segnale di un’economia globale in difficoltà. Per lo meno così è l’interpretazione che viene data dai commentatori di mercato e così viene anche percepita dai grandi investitori.

La reazione positiva di venerdì delle materie prime può essere considerata il più classico dei “rimbalzi del gatto morto” (“dead cat bounce”), piuttosto che un segnale di fine della fase i cali. I prezzi delle materie prime sono in netto calo da metà aprile e più in generale da febbraio. L’indice delle materie prime misurato da Bloomberg è in calo costante praticamente da gennaio, come si vede bene nel grafico qui sotto riportato.

L’agenzia stampa americana spiega che ci sono diversi motivi per cui vale la pena essere preoccupati per lo stato di salute dell’economia mondiale. Primo fra tutti il segnale di un’economia che in Cina ha corso troppo (vedi calo delle importazioni e delle esportazioni ad aprile) e in generale un rallentamento in essere nei mercati industrializzati che devono fare i conti con l’invecchiamento della popolazione e altri fattori demografici sfavorevoli.

Negli Stati Uniti le promesse di Donald Trump sui piani pro crescita e pro aziende vengono ora messi in discussione dai trader e gestori. I tagli alla produzione del petrolio fino a giugno decisi dall’Opec e dagli altri paesi esportatori che non fanno parte del cartello non hanno avuto gli effetti sperati e l’offerta rimane ampiamente in eccesso, mentre in Usa i gruppi attivi nell’estrazione di gas di scisto continuano le opere di trivellazione. Il sentiment negativo sul settore delle materie prime si sta traducendo inoltre in un calo dell’azionario dei paesi più dipendenti dalle risorse di base come Brasile, Canada e Australia.