“A volte i buoni investimenti non sono per forza quelli eccitanti”, osserva il gestore Matthew Page di Guinness Atkinson, colui che è riuscito in quello che la maggior parte dei suoi colleghi non ha potuto: ovvero battere l’andamento degli indici azionari di riferimento. È un grosso problema per l’industria dei fondi a gestione attiva, dal momento che un numero sempre crescente di potenziali clienti preferisce ormai rivolgersi all’industria degli ETF o dei fondi indicizzati a gestione passiva, i quali comportano costi inferiori, come minimo di un terzo e performance spesso analoghe.
È il motivo per cui la prova del fondo Guinness Atkinson Global Innovators, con cui Page è riuscito a fare meglio dell’indice azionario di riferimento per diversi anni di fila, salta subito all’occhio. Se si confronta la performance dei gestori di fondi attivi rispetto a quella dell’indice S&P 500 si scopre che negli ultimi 15 anni, il 92,2% dei fondi a maggiore capitalizzazione ha fatto peggio del listino della Borsa statunitense.
Siccome esistono diversi fondi indicizzati al listino allargato della Borsa americana, ciò significa che i fondi ETF legasti all’indice S&P 500 avrebbero battuto facilmente la maggior parte dei gestori di fondi attivi, più di nove su dieci. Il fondo di Page punta a ottenere una crescita investendo in società che hanno un vantaggio concorrenziale nel mercato principale in cui operano. Questo si traduce spesso ini ritorni da investimento più alti.
Fondi attivi più redditizi: investire negli emergenti paga
Come evidenziato in una ricerca accademica olandese facente parte del progetto quinquennale CORPNET tre grandi società di gestione detengono il 40% delle aziende quotate alla Borsa Usa. Questo non significa però che i fondi di Blackrock, Vanguard e State Street siano i più performanti.
Solo uno dei loro fondi è entrato nella classifica di Investment Week e Morningstar in cui vengono messi in fila i 50 fondi che dal 5 maggio di tre anni fa fino alla settimana scorsa hanno realizzato i risultati migliori. Si tratta del fondo di Vanguard US Equity Index che investe nell’azionario americano, il quale si è piazzato al 45esimo posto. È anche l’unico fondo esposto ai mercati del Nord America a essersi classificato nelle prime 50 posizioni.
La lista dei top performer è la dimostrazione che investire nei mercati emergenti ha pagato, garantendo ritorni elevati. Al primo posto del ranking, in salita dalla quinta piazza, si trova il fondo da £512 milioni di sterline di Templeton sulle small-cap dei mercati emergenti. L’Emerging Markets Smaller Companies fund è gestito da Cetan Sehgal e scalza così dalla prima posizione il fondo della regione Asia Pacifico di Stewart Investors. Si tratta dell’Asia Pacific Sustainability fund da £430 milioni gestito da David Gait.
Sono sette i fondi esposti ai mercati emergenti che si sono classificati tra i primi 50 nella speciale graduatoria: due di questi si sono guadagnati la top five, mentre gli altri cinque sono stati premiati per avere creduto nel settori della Cina. Vista la prova disastrosa dell’ultimo mese della Borsa della seconda potenza economica mondiale, forse la Cina non si dimostrerà una puntata altrettanto vincente nel resto del 2017.
Il più grande dei fondi emergenti è l’Hermes Global Emerging Markets fund da 1,6 miliardi di sterline gestito da Gary Greenberg (32esimo posto). Il fondo M&G Emerging Market Bond da £449 milioni è una delle new entry al 47esimo posto. È Claudia Calich a occuparsi della sua gestione.
Tra i nuovi ingressi il fondo meglio classificato è quello di Fidelity da £223 milioni Global Enhanced Income fund. Dan Roberts, che gestisce quel fondo, si è meritato l’ottavo piazzamento ma anche il 20esimo posto, con il suo Fidelity Global Dividend fund da £842 milioni.