RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA D’IMPRESA: Un esempio concreto degli errori da evitare da parte di un Intermediario bancario——–
A mero titolo di esempio e per quanto di possibile interesse ai tanti operatori economici o finanziari deputati all’applicazione della normativa antiriciclaggio, voglio riportare una breve esperienza acquisita dallo scrivente nel recente periodo nell’ambito di un incarico di CTU di un importante Ufficio giudiziario.
L’attività svolta ha riguardato l’accertamento della Responsabilità amministrativa d’impresa di cui al D.lgs n.231/01 in capo ad una grande Banca, laddove alcuni dipendenti – già tratti in arresto per gravissime violazioni alla disciplina antiriciclaggio………….. .
La lettura dei fatti accaduti ed accertati, potrà aiutare i tanti Intermediari a non ripetere simili errori onde non rischiare pesanti sanzioni amministrative per effetto della normativa vigente.
STRALCIO DELLA RELAZIONE
Decreto legislativo 8 giugno 2001, nr.231 “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche , delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’art.11 della legge 29 settembre 2000, n.300”
5.6.1Responsabilità amministrativa dell’ente in termini generali secondo la giurisprudenza e dottrina.
Affinché un ente possa incorrere in questo tipo di responsabilità, avente peraltro forti analogie con la responsabilità penale, occorre:
- a) che un soggetto che riveste posizione apicale all’interno della sua struttura ovvero un sottoposto abbia commesso uno dei reati previsti dalla parte speciale del decreto;
- b) che il reato sia commesso dalle persone fisiche (apicali o sottoposti), quale conseguenza diretta della politica aziendale o, più comunemente, derivi da una cattiva organizzazione;
- c) l’ente non risponde se le persone sopra indicate hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi (art.5 del D.L.vo 231/01). Infatti, come chiarito anche dalla giurisprudenza di legittimità che, la persona giuridica, che abbia omesso di adottare ed attuare il modello organizzativo e gestionale non risponde del reato presupposto commesso da un suo esponente in posizione apicale soltanto nell’ipotesi in cui lo stesso abbia agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi (Cass.Penale Sez. VI, 17.09.2009, n.36083). In effetti, malgrado la norma non preveda un obbligo circa l’adozione di un “Modello organizzativo”, non vi è dubbio che, soprattutto alla luce della giurisprudenza, se ne consigli la sua opportunità .Il Decreto 231/01 esclude la responsabilità dell’ente laddove l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato prima della commissione del fatto-reato, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi (art.6, comma 1, lettera a).
Dalla lettura della norma sembra leggersi una sorta di inversione dell’onere della prova, laddove la persona giuridica, in conseguenza del fatto-reato, la cui responsabilità penale ricade unicamente sull’autore della condotta di rilevanza penale (persona fisica), secondo il principio che la responsabilità penale è personale (art.27 della Costituzione), per esimersi da qualsivoglia responsabilità di natura amministrativa deve dimostrare di aver adottato, ma soprattutto efficacemente attuato, un Modello di organizzazione idoneo a scongiurare e prevenire un certo numero di condotte delittuose da parte del personale dipendente (apicali o sottoposti) elencate nello stesso decreto 231/01.
In altri termini, l’ente ha l’onere di dimostrare di aver vigilato sulla effettiva operatività e osservanza dei Modelli e di aver creato una struttura con poteri autonomi da ogni condizionamento e deputata soltanto a questo delicato compito, il c.d. Organismo di vigilanza – . Sul punto, le Linee-Guida adottate da Confindustria (approvate il 2 aprile 2008 dal Ministero della Giustizia) hanno evidenziato che l’organo di vigilanza deve garantire requisiti di autonomia, indipendenza, professionalità e continuità.
In tale contesto, per autonomia si intende il necessario riconoscimento ai componenti dell’Organismo di Vigilanza, da parte dei vertici dell’ente, di poteri effettivi di ispezione e controllo, con facoltà di accesso alle informazioni aziendali rilevanti e di dotazione delle necessarie risorse economiche. L’indipendenza si concretizza, invece, nell’assenza di vincoli rispetto ai vertici dell’ente (in tal senso appare opportuno affinché l’OdV possa rivestire la posizione gerarchica più elevata nell’organigramma aziendale). Gli stessi componenti del citato Organismo, devono possedere anche i requisiti soggettivi formali di professionalità, onorabilità e assenza di conflitti di interessi e/o rapporti di parentela con i vertici dell’ente. Per continuità si fa espresso riferimento alla lettera a) del comma 4 dell’art.7 del Decreto 231/01 che, per l’efficace attuazione del modello richiede una verifica periodica e l’eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell’organizzazione o nell’attività.
Lo stesso comma, alla lettera b) prevede un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
L’Organismo di Vigilanza è deputato inoltre a:
- divulgare la conoscenza del Modello, organizzando la formazione e sensibilizzazione del personale sull’osservanza delle norme;
- valutare la fondatezza delle segnalazioni pervenute (c.d. Flussi informativi dalle funzioni societarie all’OdV) e comunicare all’organo gestionale (c.d. Flussi informativi dall’OdV agli organi sociali), per gli opportuni provvedimenti, tutte le violazioni accertate del Modello, proponendo l’avvio dei relativi provvedimenti disciplinari e l’applicazione di sanzioni nel rispetto della normativa di riferimento e dei CCNL vigenti. In particolare l’OdV ha il potere di colloquiare, senza vincoli di subordinazione gerarchica, con ogni struttura aziendale e può acquisire informazioni e documenti nei riguardi di qualunque funzione aziendale. L’OdV, tuttavia, è regolamentato nell’ambito del Decreto solo limitatamente alla sua funzione, senza alcun riferimento alla sua struttura o composizione. A tale riguardo, le stesse Linee Guida dell’ABI del febbraio 2004, a proposito della composizione dell’Organismo di Vigilanza e nell’ambito delle “soluzioni possibili” (composizione con personale interno all’azienda, esterno o la soluzione mista), testualmente cita:
“”Peraltro, nell’identificazione del ‘soggetto’ cui attribuire detta funzione, si ritiene non possa non tenersi conto del fatto che l’introduzione nella parte speciale del decreto – art. 25 ter – dei reati societari (e quindi di reati che per definizione trovano origine o comunque coinvolgono l’alta amministrazione) ha reso ancora più evidente la necessità che l’organismo di controllo debba essere una funzione dotata di una elevata ed effettiva indipendenza rispetto alla gerarchia sociale””.
Una attenzione particolare merita la problematica dell’antiriciclaggio in ordine alle responsabilità attribuibili all’OdV, laddove, con il Decreto lgs 231/07, in attuazione della III Direttiva antiriciclaggio, sono state apportate importanti integrazioni alla disciplina sulla responsabilità da reato degli enti collettivi quali l’introduzione fra i reati presupposto della ricettazione, del riciclaggio e dell’impiego di denaro, bene o utilità di provenienza illecita e, per quello che qui interessa, l’espressa previsione ex art.52 di un vero e proprio obbligo di controllo sull’osservanza della normativa da parte dei soggetti destinatari gravante sull’OdV.
In sostanza, è ora espressamente previsto e con riguardo alle singole materie sopra citate, che l’Organismo non è destinatario di un semplice obbligo di vigilanza – come è invece per i tutti i reati presupposto del D.L.vo n.231/01 – ma di un obbligo di controllo diretto nei confronti di coloro che, destinatari della normativa antiriciclaggio – in primis le banche – possono compiere atti in violazione di norme in essa contenute: il compito dell’organismo per queste materie, dunque, non è più solo quello di“vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli” (come previsto dall’art.6, co.1, lett. b) del Decreto L.vo 231/01), ma di“vigilare sull’osservanza delle norme contenute” nel Decreto L.vo 231/07 di cui all’art.52.
Il Decreto del 2007, inoltre, prevede anche particolari obblighi e precetti in capo all’OdV: ai sensi dell’art.52, comma 2, difatti, per alcune ipotesi individuate nel Decreto, l’Organismo ha il compito di comunicare senza ritardo qualsiasi fatto che possa costituire violazione poiché ai sensi del successivo art.55 “chi, essendovi tenuto, omette di effettuare la comunicazione di cui all’art.52, comma 2, è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa da 100 a 1.000,00 euro.”
Affinché l’ente possa essere chiamato a rispondere in termini di responsabilità amministrativa, occorre inoltre che i reati siano commessi nel suo interesse o a suo vantaggio dagli amministratori, dipendenti e collaboratori durante lo svolgimento delle attività di competenza all’interno dell’azienda.
Il Decreto L.vo nr.231/01, infatti, disciplina la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, prevedendo, fra l’altro, una responsabilità autonoma e non sussidiaria dell’ente rispetto a quella dell’autore del reato. Anche la giurisprudenza di merito ha evidenziato che la responsabilità a carico dell’ente sorge ogni qualvolta il soggetto legato a vario titolo all’ente ha posto in essere la condotta illecita “nell’interesse e a vantaggio dell’ente” (Tribunale di Milano Ordinanza G.I.P. 20.09.2004).
La Relazione ministeriale al D.L.vo 231/01, sul punto ha offerto un importante apporto esegetico spiegando che il “richiamo all’interesse caratterizza in senso marcatamente soggettivo la condotta delittuosa della persona fisica e che si ‘accontenta’ di una verifica ex ante; viceversa, il vantaggio, che può essere tratto dall’ente anche quando la persona fisica non abbia agito nel suo interesse, richiede sempre una verifica ex post” (sul punto si veda anche Cass. Penale Sez.II, 20.12.2005, n.3615).
Secondo qualche autore i due concetti – interesse e vantaggio – debbono considerarsi un’endiadi (Per CORDERO, Procedura Penale, Milano 2004, p.1300, il quale considera sinonimi i due termini, trattandosi, per l’autore, di un’endiadi operante in modo oggettivo – Ancora PULITANO, la responsabilità da “reato” degli enti: i criteri di imputazione, in RIDPP, 2002, p.426; nello stesso senso COCCO, L’illecito degli enti dipendente da reato ed il ruolo dei modelli di prevenzione, in RIDPP, 2004, p.90; VIGNOLI, Societas puniri potest: profili critici di autonoma responsabilità dell’ente collettivo, in Dir.Pen. e proc., p.903).
La giurisprudenza di merito e di legittimità, di converso, ha rilevato che l’interesse o vantaggio rilevanti – ex art.5 del D.L.vo 231/01, sono concetti diversi da un punto di vista giuridico e si trovano in concorso reale fra loro, poiché “in tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche il presupposto normativo della commissione dei reati <> non contiene un’endiadi, perché i termini hanno riguardo a concetti giuridicamente diversi, potendosi distinguere un interesse a monte per effetto di un indebito arricchimento in conseguenza dell’illecito, da un vantaggio obiettivamente conseguito con la commissione del reato, seppure non prospettato ex ante, sicché l’interesse ed il vantaggio sono in concorso reale” (Cass.Penale Sez. II, 30.01.2006, n.3615).
Accedendo all’interpretazione più condivisibile, pertanto, “il giudicante deve escludere che la locuzione o possa essere intesa in una complessiva ottica meramente rafforzativa di un solo concetto, tautologicamente ripreso dal secondo termine. I sostantivi sono individuati in via alternativa, come si ricava del resto anche dall’art.12 che, nell’enucleare i casi di riduzione della sanzione pecuniaria, tratteggia quale ipotesi attenuata quella del fatto commesso dall’autore nel prevalente interesse proprio o di terzi se l’ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo. Può, quindi, integrarsi responsabilità dell’ente per la sussistenza anche solo dell’interesse, anche senza vantaggio” (Tribunale di Trani, Sez. Molfetta 26.10.2009); In senso identico anche la Relazione ministeriale al D.L.vo 231/01, nella quale si precisa, appunto, che i due concetti hanno ognuno una specifica ed autonoma rilevanza, in quanto può ben accadere che una condotta interessata possa risultare a posteriori non affatto vantaggiosa. In tale contesto, pertanto, “la responsabilità a carico dell’ente sorge ogni qualvolta il soggetto legato a vario titolo all’ente ha posto in essere la condotta illecita e non soltanto allorché il comportamento illecito abbia determinato un vantaggio, patrimoniale o meno, per l’ente ma anche nell’ipotesi in cui, pur in assenza di tale concreto risultato, il fatto-reato trovi ragione nell’interesse dell’ente” (Tribunale Milano, Ordinanza G.I.P. 20.09.2004).
5.6.2 Modello organizzativo della Banca xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
L’esame del contesto che qui ci occupa, ha consentito di rilevare che la Banca xxxxxxxxxxxxxxxx, in epoca precedente alla commissione dei fatti reato e nel rispetto della evoluzione normativa di riferimento, ha provveduto:
- adottare un Modello organizzativo, di gestione e controllo in armonia al dettato normativo di cui al comma 2 dell’art.6 del D.lgs. 231/01, idoneo a prevenire – almeno sotto il profilo formale – le condotte di “riciclaggio” commesse dal Responsabile di Filiale di xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx e di xxxxxxxxxxxxxxxx;
- adottare specifici e mirati accorgimenti nel Codice etico ( novembre 2007) anche a proposito della Prevenzione del reato di “riciclaggio” , sulla “attività di comunicazione e formazione” , sulla procedura delle “Segnalazioni” , sui Controlli interni e sulle sanzioni etc.. In realtà, sulla base dei fatti e circostanze accertati, sui riscontri documentali effettuati e delle testimonianze acquisite con le dichiarazioni rilasciate dai diversi dipendenti della Banca xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx, è emerso che:
5.6.3Formazione del personale
Con eccezione della Formazione a Distanza (FAD) meglio conosciuta come E-learning, il personale della xxxxxxxxxxxxxx, negli anni dal xxxxx al xxxxxx, non ha mai svolto una specifica Formazione d’aula sulla problematica dell’antiriciclaggio. Infatti, come riferito dal Responsabile delle Risorse Umane – Dr. xxxxxxxxxxxxxx – solo dal xxxxxxxxx 2014 è stata avviata una Formazione antiriciclaggio sistematica con la forma tradizionale d’aula – Docenti, elenco frequentatori con firme di presenza etc. – (sub. Allegato 8). Inoltre, il Responsabile di Filiale di xxxxxxxxxxxxxx Sig. xxxxxxxxxxxxxxxx (sub. Allegati 1 e 2), la Direttrice delle Filiale xxxxxxx di xxxxxxxxxx (sub. Allegato 3), la Sig.ra xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx (sub.allegato 11), l’Addetta operativa della Filiale di xxxxxxxxxxxxxxx Sig.ra xxxxxxxxxxxx (sub. Allegato 12), Sig.ra xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx (Dichiarazioni rese a verbale redatto dalla Compliance in data xxxxxxxxxxxxxxxx) , hanno tutti dichiarato di non aver mai svolto una formazione antiriciclaggio nel periodo xxxxxxxxxxxxxxxx, di non aver mai sentito parlare degli “Indici di anomalia delle operazioni sospette” di cui al Decalogo della Banca d’Italia – Ed.2001, di non conoscere il significato del Questionario antiriciclaggio e del Titolare effettivo di cui al Decreto lgs 231/07. In particolare la Sig.ra xxxxxxxxxxxx che, sempre a proposito della “Formazione”, ha sostanzialmente riferito di non conoscere ancora oggi le modalità di “trasferimento di denaro contante o titoli al portatore” fra soggetti diversi, attraverso l’utilizzo di una modulistica interna alla Banca, in sostituzione della tradizionale procedura del bonifico per cassa, assegno bancario o circolare.
Inoltre, emblematiche al riguardo sono state le dichiarazioni rese dalla Sig.ra xxxxxxxxxxxxx, laddove dichiara della totale assenza di attenzione e sensibilità sulla problematica dell’antiriciclaggio da parte della Banca e di aver svolto invece, ben 30 giorni di formazione d’aula (sette ore giornaliere) in xxxxxxx, in area business, quasi in concomitanza con la sua assunzione.
Ciò evidentemente, solo per ricordare il diverso “interesse” della Banca verso le variegate e molteplici problematiche operative e in special modo dell’antiriciclaggio. La stessa Sig.ra xxxxxxxx, nell’ambito della fornita testimonianza, ha aggiunto che di antiriciclaggio, nella Filiale di xxxxxxxx, se ne è cominciato a parlare soltanto nell’ottobre xxxxxxxx, allorquando la locale Magistratura aveva tratto in arresto un cliente titolare di attività economica (Commercio di xxxxxxxxx) perché accusato di usura e riciclaggio di denaro sporco. La stessa, ha riferito infine che solo in tale circostanza ha appreso della esistenza degli “Indici di anomalia delle operazioni sospette” contenute nel Decalogo della Banca d’Italia – edizione 2001.
In proposito, lo stesso Presidente dell’Organismo di Vigilanza, all’uopo sentito in atti (sub.allegati 6 e 7), ha sostanzialmente riferito “… di avere sempre insistito e raccomandato con cadenza semestrale, l’esigenza della formazione aggiungendo che, a parte le citate raccomandazioni, come Organismo di Vigilanza non si sono mai preoccupati di verificare la materiale ed eseguita formazione in capo al personale di rete. Lo stesso ha tuttavia aggiunto che le problematiche antiriciclaggio all’interno di una Banca sono superabili soltanto con una formazione continua e sistematica”.
5.6.4Comunicazione e informazione
Contrariamente ai buoni propositi indicati nel Codice Etico, l’attività di “Comunicazione e informazione” si è rivelata assolutamente carente e inadeguata. Quanto detto lo si deduce da alcuni fatti e circostanze accertati, quali:
- Gli allarmi lanciati dalla Operatrice di sportello Sig.ra xxxxxxxxxxxxxxxxx (sub.allegato 12), in presenza di adeguata “Comunicazione ed informazione” circa l’esistenza della c.d. “Posta dedicata”, ben avrebbe potuto assolvere al complessivo disagio più volte manifestato dalla stessa e che, malgrado l’intervento del Sindacato e del Responsabile Servizi di Sportello della xxxxxxxxxx, nulla è stato fatto;
- L’assenza di adeguata “Informazione” circa l’esistenza di un Organismo di Vigilanza, di un Codice etico, di un controllo interno adeguato, ha reso particolarmente difficile la già precaria serenità esistente nella Filiale xxxxxxx di xxxxxxxxxxxx dove ha continuato a imperversare l’operato contro legem del Direttore xxxxxxxxxx ed altri non consentendo alla banca alcun intervento di risoluzione dei problemi;
- Secondo la testimonianza dell’allora Presidente dell’Organismo di Vigilanza (sub allegato 6 e 7), la casella di “posta dedicata” all’Organismo di Vigilanza, per quanto regolarmente istituita, non ha mai ricevuto particolari “alert” dalla Rete, di interesse per il buon funzionamento della struttura bancaria, ma riguardavano, molto più semplicemente, “litigi fra dipendenti, mancato rispetto degli orari di lavoro, presunti avanzamenti di carriera ingiustificati etc.” e che il mancato funzionamento di tale “posta dedicata”, secondo le sue stesse dichiarazioni, derivava dall’assenza e/o insufficiente formazione/informazione.
5.6.5 Autonomia e indipendenza dell’Organismo di Vigilanza della xxxxxxx
L’OdV della Banca xxxxxxxxxxxxxxx, da sempre, è stato pensato e costituito all’interno della banca, con la nomina di Consiglieri di Amministrazione in carica, senza mai ricorrere a figure professionali esterne. A titolo di esempio, si ricorda che nel periodo a cavallo della innovazione normativa antiriciclaggio di cui al Decreto L.vo 231/07 ed esattamente nel periodo maggio 2006/aprile 2009, la composizione dell’OdV è stata affidata a tre Consiglieri di amministrazione della xxxxxxxxxxxxx . Lo stesso Presidente del citato OdV, in sede di verbalizzazione (sub allegato 7), proprio per dare una maggiore autonomia alla struttura di controllo, ha dichiarato di avere espresso più volte l’auspicio di inserire almeno una figura esterna alla Banca nella composizione del citato organismo di Vigilanza (sub. Allegato 7). Inoltre, nella stessa testimonianza del 23 luglio 2010, Il Dr. xxxxxxxxxxxxxxxx, ha riferito che l’OdV:
- non ha mai avviato attività ispettiva in modo autonomo sulla rete in materia di antiriciclaggio;
- non ha mai verificato l’effettivo espletamento di attività formativa sulla Rete;
- non ha mai provveduto a migliorare la “comunicazione” sulla Rete circa l’esistenza e le funzioni dello stesso Organismo di Vigilanza ovvero della “posta dedicata” per le segnalazioni di anomalie e/o problematiche varie.
5.6.6 Interesse e vantaggio della Banca xxxxxxxxxxxxxxxxxx
L’interesse della Banca nella vicenda che qui ci occupa, avuto riguardo in modo particolare alla gestione della ingente provvista (circa 40 milioni di euro), attiene agli aspetti squisitamente economici che costituiscono, notoriamente, l’essenza stessa della vita di un Istituto di credito interessato, da una parte a fare “raccolta” (risparmio) e dall’altra a fare impieghi (finanziamento alle imprese o altri). Ad una specifica domanda rivolta al Responsabile di Filiale xxxxxxxxxxxxx di xxxxxxxx, circa il rischio di perdere la posizione – Sig. xxxxxxxxxxxxxxxx – emblematica è stata la risposta: “”No perché l’operazione è nata in modo diverso …. L’operazione è nata con il fatto che voleva ritirare tutto voleva prendersi tutto e a me non stava assolutamente bene questo può immaginare una banca un’agenzia per quanto può essere importante agenzia di xxxxxxxxxxxxxxxxx togliere 37 milioni di euro è una tragedia infinita sarebbe successo la fine del mondo e allora cercai di convincerlo in tutti i modi sulla possibilità di fare operazioni che potevano generare risultati anche in termini remunerativi convenienti e quindi cercarli di trattenere in più modi insomma io avevo necessità di non perderli come agenzia sarebbe stato un disastro per il conto economico perdere una somma del genere.” (sub allegati 1 e 2). L’esigenza di budget nella raccolta e impieghi della filiale, l’attenzione che la banca ha sempre rivolto agli aspetti formativi afferenti all’area business (sub allegato 11), stanno li a dimostrare l’interesse ed il vantaggio che la Banca ha perseguito prima (interesse) e conseguito poi (vantaggio).
- CONCLUSIONI
I fatti e le circostanze enunciate, unitamente alla documentazione fornita dalla Banca ed oggetto di esame da parte dello scrivente, ovvero sulla base delle testimonianze raccolte, evidenziano, oltre ogni ragionevole dubbio, non tanto e non solo la gravità delle condotte di rilevanza penale ascritte ai diversi autori, ma soprattutto la circostanza che l’assetto organizzativo della intera struttura bancaria non è stata in grado di prevenire ma, paradossalmente, anche quando portata a conoscenza, neanche di intervenire con la necessaria tempestività onde far cessare le condotte delittuose in tempi ragionevoli. Infatti, a voler ricordare gli episodi delittuosi commessi nel periodo di riferimento, si possono citare:
- incasso di numero 40 assegni circolari da parte di persone diverse dai legittimi beneficiari, per il complessivo importo di 1,6 milioni di euro. Della vicenda truffaldina si è avuta notizia solo in conseguenza di un esposto denuncia presentato da una correntista della Filiale xxxxxxxxxxxx di xxxxxxxxxxxxx (Sig.ra xxxxxxxxxxxxxxx) per il tramite del suo avvocato in data 18 marzo 2009 (all.35). Al riguardo, la Direzione Compliance della Banca, nel gennaio 2010, si è attivata presso la Banca d’Italia nei confronti dell’Avv. xxxxxxxxxxxxxxxxxx al termine dell’attività ispettiva interna conclusa nel novembre 2009;
- Analoga condotta “omissiva” ha interessato la seconda attivazione verso la Banca d’Italia nello stesso contesto, riguardante i vari xxxxxxxxxxxxx. Xxxxxxxxxxxxx, xxxxxxxxxxxxxx, xxxxxxxxxxxxxxxxx, xxxxxxxxxxxxxxxxxx, xxxxxxxxxxxxxxxxxxx, resisi responsabili di una serie di gravi reati in conseguenza della indebita appropriazione di 39,5 milioni di euro, posto che l’alert è stato inviato solo nel gennaio 2010 a fronte di episodi protrattisi per circa 7 anni. Iniziando dall’appropriazione indebita del 2003 ad opera del xxxxxxxxxxxxxxxxxx, le movimentazioni bancarie successive, in essere ancora oggi, che hanno caratterizzato la gestione della provvista nel suo complesso, hanno registrato il coinvolgimento di altri soggetti nella veste di “intestatari fittizi di disponibilità economiche” (ottobre 2004/aprile 2005), fino ad arrivare all’accensione del conto corrente n.xxxxxx presso la Filiale xxxxxxxxxxxxx del 13 luglio 2009, in capo alla Sig.ra xxxxxxxxxxxxxxxx, madre del principale attore del disegno criminoso (Avv. xxxxxxxxxxxxxx).L’anzidetta precisazione appare doverosa laddove andiamo a considerare la introduzione del reato di riciclaggio quale delitto presupposto alla Responsabilità amministrativa d’impresa di cui al D.L.vo 231/01 introdotto solo nel dicembre del 2007 per effetto del D.L.vo 231/07. In altri termini, si vuole sottolineare la sostanziale continuità e sistematicità delle movimentazioni bancarie per il periodo 2003/2009, tutte derivanti dall’originario reato presupposto dell’appropriazione indebita. Siffatta operatività, quale frutto di interessi personali illegittimi e condotte individuali penalmente rilevanti, attraverso una superficialità e approssimazione da parte delle strutture interne alla banca (Responsabile dei canali Operativi , Servizio Internal Auditing, Direzione Compliance, Organismo di vigilanza etc.) ha evidenziato una organizzazione inadeguata nel suo complesso e scarsamente efficace a prevenire l’intera casistica dei reati contemplati nella normativa, avuto riguardo per quanto qui interessa al riciclaggio di denaro sporco. Più precisamente, al contrario di quanto formalmente enunciato con la stesura del Modello organizzativo e del Codice etico (leggasi punto 6.6.2 che precede), nella realtà l’intero dispositivo di contrasto non ha funzionato per non essere stato efficacemente attuato in quanto:
6.1 Assenza di autonomia ed indipendenza in capo all’Organismo di vigilanza, in considerazione del fatto che, per come ampiamente descritto nella parte che precede (vedasi punto 6.6.5) lo stesso Organismo era costituito da tre componenti del Consiglio di Amministrazione della stessa Banca;
6.2 Omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’Organismo di Vigilanza che, come dichiarato dallo stesso Presidente, non ha mai avviato specifica attività ispettiva diretta e/o verificato l’effettivo espletamento dell’attività formativa sulla Rete ovvero, essersi adoperato per comprendere le ragioni circa il mancato funzionamento della c.d. “posta dedicata”;
6.3 Mancata o insufficiente “comunicazione e informazione” sulla Rete circa l’esistenza della “Posta dedicata” in seno all’Organismo di Vigilanza atta a ricevere le comunicazioni riservate circa eventuali condotte illecite, anomalie o disfunzioni sulla operatività di sportello e regolare funzionamento della Banca secondo gli standard stabiliti da leggi e regolamenti interni;
6.4 Inadeguata formazione verso il personale di Rete in ordine alla problematica dell’antiriciclaggio per effetto di una manifesta ed acclarata mancanza di sensibilità da parte dei vertici dell’Azienda bancaria (sub. Allegato 2, 3, 7, 8, 11, 12). In concreto la “Formazione” verso tutti gli Operatori sulla rete si è dimostrata assolutamente insufficiente per rispondere in modo adeguato agli obblighi imposti dalla normativa;
6.5 Interesse e vantaggio della Banca xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx –L’interesse della Banca nella vicenda che qui ci occupa è caratterizzato dalla esigenza di gestire l’ingente provvista finanziaria (circa 40 milioni di euro), andando a determinare, come diretta conseguenza, cospicui vantaggi economici derivanti dalle laute commissioni per i numerosi e variegati investimenti realizzati negli anni compresi fra il 2003 e 2014 (acquisto di strumenti finanziari come polizze assicurative, fondi patrimoniali, certificati di deposito al portatore etc.). Emblematiche a proposito sono parse di dichiarazione del Responsabile di Filiale della Banca di xxxxxxxxxx Sig. xxxxxxxxxxxxxxxxxxx;
6.6 Mancata conoscenza di norme basilari da parte del personale di Rete che hanno determinato gravi e ripetute violazioni di obblighi normativi e che, a titolo di esempio, si vuole ricordare:
- L’irregolare trasferimento di denaro contante e/o titoli al portatore (leggasi punto 3.4) senza la prescritta registrazione in AUI (sub.allegato 12) e, fatto ancora più grave, senza che la Direzione Generale della Banca fosse in grado di intercettare “l’irregolare trasferimento di titoli al portatore di importo superiore alla soglia stabilita di euro 12.500,00 ”. Trattasi di violazioni prescritte che, in questo ambito, vengono citate al solo scopo di evidenziare l’assoluta approssimazione dell’Istituto di credito nella gestione operativa di tali problematiche. Tali “irregolarità”, laddove intercettate, avrebbero ben potuto evidenziare il riciclaggio che andava perpetrandosi;
- Per tali ultime e descritte “irregolarità”, la omessa registrazione in Archivio Unico Informatico, nonché la mancata e tempestiva comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze (30 giorni dalla data contabile dell’operazione), è stata regolarmente “confermata” dalla Direzione Generale della Banca – Gruppo xxxxxxxxxxxxxxxxx con nota del 30 agosto 2010 (all.36);
- La negoziazione di titoli di credito “Non trasferibili” (Assegni circolari) a persone diverse dai beneficiari con la formula “Per conoscenza e garanzia” ha di fatto sostituito, in modo irregolare, la formula “Per quietanza”. In realtà, come ampiamente noto, la formula “Per conoscenza e garanzia”, per prassi bancaria e per meglio garantire gli interessi della banca trattaria, viene apposta in aggiunta alla firma “Per quietanza” e non certo in sostituzione;
6.7 La scomparsa e/o il trafugamento di documentazione bancaria, fascicoli di segreteria di rapporti accesi nei confronti della clientela che hanno reso per alcuni versi, particolarmente difficoltosa l’attività investigativa volta alla ricostruzione dei flussi finanziari movimentati dai soggetti coinvolti. Al riguardo, la facilità con la quale personale dipendente – ovviamente in malafede – riesce ad accedere, trafugare e distruggere documentazione di cassa ancora prima di essere depositata presso l’Archivio, pone seri dubbi sulla complessiva tenuta organizzativa della stessa Banca;
6.8 Assenza di controlli sull’accensione di rapporti continuativi, in grado di verificare evidenti discordanze nella composizione e compilazione della Modulistica all’uopo predisposta (Specimen di firma), ovvero la esatta indicazione del “Titolare effettivo” del rapporto nel rispetto di precisi obblighi normativi indicati nel D.L.vo 231/07;
6.9 Omessa presa visione delle “valutazioni GIANOS” da parte del Responsabile Aziendale Antiriciclaggio che, in proposito, non si è mai autonomamente attivato per la verifica e la valutazione delle evidenze GIANOS della clientela (sub. Allegato 5);
6.10 Assenza d’iniziativa da parte del RAA in ordine alla valutazione di comportamenti anomali della clientela ai fini dell’inoltro di un’autonoma Segnalazione di Operazione Sospetta. Tale circostanza è emersa sulla scorta di autorevole e qualificata testimonianza acquisita – sub. Allegato 9. Ciò contrasta nettamente con il contenuto del nono cpv del punto 4.1 del Decalogo della Banca d’Italia – Edizione 2001 “Istruzioni operative per la individuazione delle operazioni sospette” ;
6.11 Accentuate carenze organizzative rilevate dal Servizio Ispettivo della Banca d’Italia in occasione della verifica effettuata …………………dal ……………. Argomentando tali contestazioni, il Servizio Ispettivo dell’Organo di Vigilanza centrale ha fra l’altro affermato testuale: “”Le disfunzioni acclarate non possono essere ridotte al rango di mere disfunzioni operative, essendo al contrario riconducibili ad aspetti strategici di impostazione dei controlli ed attenendo tutte a profili di natura Direzionale-Organizzative. Esse sono perciò evidente espressione delle alterazioni dei processi e delle procedure interne adottate da xxxxxxxxxxxx, che hanno reso inadeguato il presidio dei rischi operativi, legali e reputazionali connessi con l’inosservanza degli obblighi imposti dalla normativa antiriciclaggio. Processi e procedure, questi il cui disegno è specificatamente demandato agli organi di indirizzo e di gestione delle banche ciascuno nell’ambito dei rispettivi ruoli. Infatti, le omissioni di registrazione nell’AUI – emerse a partire dal 2007 ma accumulatesi nel corso di diversi anni – sono risultate riconducibili , da un lato, alla parziale integrazione di alcuni applicativi rilevanti nel processo produttivo xxxxxxxxxxxxx, come quelli che gestiscono le attività di finanziamento; dall’altro, alle modalità adottate dall’intermediario per la selezione dell’operatività da escludere ……omissis …. “””
Per tutte le ragioni che precedono si ritiene che l’ente si sia reso responsabile della violazione prevista dall’art.5 e punita dall’art. 25 octies del D.L.vo nr.231/01 .
Nella convinzione di aver compiutamente riscontrato la delega ricevuto, resto a disposizione per eventuali o qualsivoglia richiesta di chiarimento o integrazione. Trasmetto la presente Relazione conclusiva ringraziando per la fiducia accordata.
Mattinata, ………… 2015
FALCONE CONSULTING Srl
L’Amministratore unico
Giovanni FALCONE