“L’imminente riunione porterà probabilmente qualche cambiamento, funzionale a rispecchiare una visione più equilibrata dell’economia da parte del Consiglio direttivo della BCE. La ripresa economica nell’Eurozona procede a un ritmo costante ed è quindi plausibile che l’orientamento della banca centrale possa divenire meno accomodante. Malgrado ciò è previsto un rallentamento dell’inflazione quando gli effetti base dovuti ai prezzi delle materie prime si saranno esauriti nel secondo semestre dell’anno. Inoltre, l’apprezzamento dell’euro a cui abbiamo assistito dall’inizio dell’anno rappresenterà un ulteriore ostacolo per l’inflazione durante i mesi a venire e dovrà essere preso in considerazione nelle future previsioni e decisioni della BCE. Infine la crescita salariale non mostra grandi segnali di aumento. Pertanto ci aspettiamo che la BCE modificherà il proprio orientamento in modo molto graduale.
Il ritmo attuale degli acquisti obbligazionari, a quota 60 miliardi di euro al mese, resterà a nostro avviso invariato quantomeno fino a dicembre 2017 ed un eventuale tapering si verificherà soltanto nel 2018. Per i titoli di Stato europei, questo si traduce in un sostegno tecnico solido e duraturo, con un’offerta netta negativa prevista nell’ordine dei 500 miliardi di euro per l’anno in corso, e ciò non potrà che contribuire a contenere i rendimenti.
Malgrado sia stata discussa la possibilità di innalzare il tasso di deposito prima di ridurre gli acquisti di asset, non riteniamo che questa eventualità rientri nello scenario di base. Le condizioni creditizie nell’Eurozona continuano a migliorare e un tasso di deposito più alto avrebbe un impatto limitato sulla disponibilità di credito ma potrebbe favorire l’apprezzamento dell’euro, una circostanza tutt’altro che desiderabile nella fase attuale.
In considerazione di questi fattori dal punto di vista della duration, riteniamo opportuno mantenere un posizionamento neutrale in Europa, con una lieve predilezione per i titoli di Stato dei Paesi più solidi rispetto al debito dei Paesi periferici, maggiormente vulnerabili a ondate di volatilità nonché ampliamenti degli spread, per effetto anche delle dinamiche politiche”.
“Gli interventi delle banche centrali a giugno potrebbero generare dei movimenti, ma non prevedo alcuna grande sorpresa. Giugno è un mese importante per la politica monetaria globale. Sia la BCE che la Federal Reserve, infatti, annunceranno le proprie intenzioni riguardo al proseguimento delle politiche monetarie accomodanti in essere. Nonostante l’inasprimento monetario sia un tema ampiamente dibattuto, le banche centrali potrebbero alla fine dimostrarsi più caute di quanto in molti si aspettino, evidenziando ancora una volta che non è semplice invertire la rotta dopo otto anni di politiche monetarie ultra accomodanti che hanno fatto seguito alla crisi finanziaria”.
L’economia dell’Eurozona sta beneficiando di un tasso di crescita che non era mai stato così alto dopo la crisi del debito sovrano e la natura sincronizzata della ripresa è un buon indicatore della sua solidità. Questo scenario favorisce un intervento della BCE volto a ritirare alcune misure della sua politica straordinaria di allentamento. Tuttavia, la ripresa attuale dipende strettamente dal sostegno della banca centrale stessa e, nel contesto del ciclo globale, non vi sono motivi per la BCE di aver fretta di intervenire.
Probabilmente alla riunione di giugno assisteremo a un cambio di toni rispetto a quelli estremamente accomodanti del passato, forse con qualche ritocco alle stime previsionali, in linea con le più recenti dichiarazioni rilasciate da membri del Consiglio direttivo della BCE. Eventuali dettagli sul tapering saranno presumibilmente resi noti verso la fine dell’anno, ma il ritmo si prospetta più lento rispetto al consensus e qualsiasi intervento resterà subordinato alla forza dell’Euro. I mercati potrebbero ricercare indizi sulla dinamica con cui in futuro verranno attuati il tapering del QE e l’innalzamento dei tassi di deposito, ma io ritengo che la BCE non sia ancora pronta a prendere decisioni in proposito e che pertanto se ne riparlerà il prossimo anno
Guardando poi agli Stati Uniti, a mio avviso la Fed opererà un rialzo a giugno e questo sarà l’ultimo che vedremo nel 2017. Quest’anno le condizioni finanziarie accomodanti hanno supportato la banca centrale americana, ma l’economia è una questione differente. Malgrado gli investimenti stiano finalmente aumentando dopo aver rappresentato un freno per la crescita in molteplici trimestri, la stagnazione dei consumi non è stata controbilanciata.
Nel contempo, le prospettive inflazionistiche rimangono anemiche, tralasciando il rialzo dei prezzi delle materie prime. Anche se l’inflazione primaria è destinata a registrare una modesta accelerazione nei mesi a venire, è improbabile che questo rappresenti una fonte di preoccupazione per la Fed. Un inasprimento del mercato del lavoro potrebbe infine esercitare una pressione al rialzo sulla crescita salariale, ma riteniamo probabile che l’accelerazione avvenga in modo molto graduale”.