Economia

Ceta, Coldiretti: no a trattato che svende Made in Italy

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Per i sostenitori farà aumentare il Pil, per i critici provocherà la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro senza cautelare la salute dei cittadini e l’ambiente. Secondo la Coldiretti il danno pesante al made in Italy che verrebbe legittimato con la ratifica del CETA, l’accordo di libero scambio con il Canada in discussione oggi al Parlamento, sarebbe quella di vedere in vendita Parmesan o Daniele Prosciutto al posto dei più famosi e genuini prodotti italiani.

La Coldiretti, insieme ad altre organizzazioni quali Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch, si è data appuntamento per oggi a piazza Montecitorio a Roma per protestare contro il trattato commerciale.

Migliaia tra allevatori, agricoltori e ambientalisti tutti uniti per gridare il proprio no al trattato di libero scambio.

“Per la prima volta nella storia dell’Ue viene dato il via libera a livello internazionale alle imitazioni dei nostri prodotti tipici e vengono spalancate le porte all’invasione di grano duro e carne a dazio zero. La svendita dei marchi storici del Made in Italy agroalimentare non è  solo un danno sul mercato canadese ma è   soprattutto un pericoloso precedente nei negoziati con altri Paesi   anche emergenti che sono autorizzati cosi a chiedere le stesse concessioni”.

Secondo il Dossier della Coldiretti, con la ratifica del trattato di libero scambio con il Canada, ben 250   denominazioni di origine (Dop/Igp) italiane riconosciute dall’Unione  Europea non godranno più di alcuna tutela sul territorio canadese.  Peraltro il trattato dà il via libera all’uso di libere traduzioni dei  nomi dei prodotti italiani mentre per alcuni prodotti (Asiago, Fontina e Gorgonzola) è consentito in Canada l’uso degli stessi   termini accompagnato con “genere”, “tipo”, “stile”, e da una   indicazione visibile e leggibile dell’origine del prodotto.

In sostanza si potrà continuare a produrre e vendere “prosciutto di Parma” canadesi in coesistenza con quello Dop ma anche “Daniele Prosciutto” locale. È anche riconosciuta la possibilità di utilizzare parti di una denominazione di una varietà  vegetale o di una razza animale (come ad esempio la chianina).

Un danno per produttori e consumatori come denuncia la Coldiretti.

“La presunzione canadese di chiamare con lo stesso nome alimenti del tutto diversi è inaccettabile perché si tratta di una concorrenza sleale che danneggia i produttori e inganna i consumatori (…) si rischia di avere un effetto valanga sui mercati internazionali dove invece l’Italia e l’Unione Europea hanno il dovere  di difendere i prodotti che sono l’espressione di una identità   territoriale non riproducibile altrove, realizzati sulla base di   specifici disciplinari di produzione e sotto un rigido sistema di controllo”.