Si avvicina il (vero) cambio di rotta della Federal Reserve. I dati diffusi dal Dipartimento del lavoro statunitense venerdì scorso, con 222mila nuovi occupati fuori dal settore agricolo – ben oltre i 179mila stimati – e una revisione al rialzo dei numeri di aprile e maggio, per 47mila posti di lavoro in più, sembrano spianare la strada della banca centrale americana verso un’avanzata del processo di normalizzazione della politica monetaria.
“A settembre la Fed può rendere esecutiva la decisione di iniziare a ridurre il suo bilancio e darne rapida attuazione”, osserva Rick Rieder, capo degli investimenti della divisione Fundamental Fixed Income di BlackRock e co-gestore del fondo Fixed income global opportunities. Vale la pena ricordare che, per effetto dei tre programmi di allentamento quantitativo, gli asset detenuti dalla autorità monetaria si sono gonfiati fino a raggiungere 4,4 mila miliardi di dollari, cinque volte il valore registrato a settembre del 2008. L’opera di smaltimento, spiega il gestore, dovrebbe proseguire almeno fino a quando il bilancio non sarà sceso in area 3 mila miliardi. “Questo – precisa – mette la Fed nelle condizioni di guadagnare molto più tempo per valutare un ulteriore rialzo dei tassi a dicembre”.
Attualmente i contratti future sui Fed fund incorporano una probabilità del 55% che i tassi di riferimento salgano a fine anno sopra l’attuale forbice tra 100 e 125 punti base. Che impatto avrà il graduale abbandono delle politiche monetarie ultra-espansive sul mercato?
“Crediamo che il rendimento dei Treasury a 10 anni possa salire tra il 2,5 e il 2,75%, entro fine anno”, calcola Rieder. Equivarrebbe a una perdita in conto capitale compresa tra l’1,3 e il 3,5% per i detentori del decennale americano. “In ogni caso – osserva il gestore – non riteniamo che questi movimenti possano rappresentare l’inizio di un drammatico rialzo dei tassi, ipotesi preclusa dalla straordinaria sete di rendimento e dal persistente atteggiamento accomodante (delle banche centrali ndr) su scala globale”.
Secondo il money manager di BlackRock, infatti, la dinamica dei tassi d’interesse di lungo termine sarà condizionata in misura crescente dalle decisioni di Banca centrale europea e Bank of Japan, emancipandosi in una certa misura dalle mosse della Fed.
“Gli annunci delle altre autorità monetarie meritano la massima attenzione da parte degli investitori – conclude Rieder -. La Banca centrale giapponese sarà molto cauta sulla dinamica dei tassi, ma il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha fatto due recenti dichiarazioni di rottura, destinate a influenzare la percezione delle politiche economiche in Europa: la prima è che il rischio deflattivo si è tramutato in inflattivo; la seconda, riguarda i venti contrari della politica fiscale, che sembrano girati a favore. Queste affermazioni stanno cambiando il paradigma dei tassi d’interesse di lungo termine su scala internazionale e oggi guidano non solo i tassi nominali, ma in particolare quelli reali, verso livelli più elevati, specialmente negli Usa”.