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Le anomalie dei mercati che fanno paura

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Questi non sono mercati normali. Il titolo della lettera agli investitori scritta da David Kupperman, co-head di Neuberger Berman Alternative Investment Management, sintetizza il malessere che un numero crescente di operatori manifesta da tempo nei confronti di certi effetti collaterali delle politiche monetarie ultra espansive. Ne cita alcuni tra i più eclatanti.

A maggio 2017 – ricorda il gestore – gli acquisti di attività da parte delle banche centrali nell’ambito dei programmi di easing quantitativo superavano i 1.500 miliardi di dollari ed entro fine anno dovrebbero oltrepassare quota 3mila miliardi. La Bank of Japan detiene circa due terzi del totale delle attività degli Etf giapponesi, secondo i dati pubblicati da Bloomberg a inizio anno. E alla fine del primo trimestre, le azioni statunitensi acquistate dalla Banca nazionale svizzera (BNS) ammontavano a 80 miliardi di dollari.

“Parliamo di anomalie impossibili da immaginare quando la Fed diede inizio al programma di Qe, nel 2008”, chiosa Kupperman, convinto che le distorsioni siano accentuate dall’enorme ondata di flussi di capitale legate alle strategie passive, quantitative, guidate da algoritmi o di tipo trend following (quelle che inseguono i movimenti e le tendenze di mercato).

Secondo JP Morgan, ricorda l’esperto, queste valgono ormai il 60% dei volumi transati sui mercati azionari. A sua volta, Morgan Stanley calcola che gli Etf statunitensi abbiano registrato investimenti per quasi 90 miliardi di dollari nei soli mesi di gennaio e febbraio, un valore cinque volte superiore ai volumi stimati in base alla tendenza degli ultimi sette anni. Forse il picco è stato toccato negli ultimi mesi, quando, ricorda Kupperman, “uno strumento specializzato sui junior gold miners (piccole realtà minerarie attive nell’estrazione di oro ndr) ha attratto flussi così elevati da avvicinarsi alla soglia del 20% del capitale di alcune società, che ai sensi delle leggi statunitensi, innesca automaticamente l’obbligo di lanciare un’offerta d’acquisto”.

Intanto, da mesi il mercato gongola in un contesto di calma apparente e volatilità estremamente contenuta. Il timore è che le stesse dinamiche possano amplificare pericolosamente i movimenti al ribasso, in fase di correzione.

“La volatilità che ha colpito il settore tecnologico da metà giugno potrebbe rappresentare l’onda d’urto delle tensioni accumulate”, osserva il gestore.

Quando gli investitori escono da un settore perché, ad esempio, è ritenuto sopravvalutato, ad un certo punto possono scattare gli ordini di vendita innescati dagli algoritmi degli strumenti passivi, delle strategie trend following e dei prodotti quantitativi, aumentando il rischio di una fuga di massa.

“L’unico motivo per cui oggi il rischio di rendimenti negativi non è così elevato è che l’abbondante liquidità iniettata dalle banche centrali fa girare tutti gli ingranaggi; ed è per questo che, nel momento in cui questa liquidità venisse meno, si potrebbero avere enormi ripercussioni”, avverte Kupperman.

Non è un caso se nelle ultime settimane si avverte una crescente tensione sul mercato, impaziente di conoscere maggiori dettagli sul processo di normalizzazione della politica monetaria già avviato dalla Federal Reserve. A questo proposito, c’è grande attesa per l’audizione di Janet Yellen al Congresso americano, in calendario nella giornata di oggi. Il radar degli investitori, in particolare, è puntato sul piano di riduzione del bilancio della Fed, che dovrebbe partire a settembre, e sulle tempistiche dei nuovi rialzi dei tassi d’interesse.

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