Il balletto dei banchieri centrali, tra scatti in avanti e successive smentite, sta disorientando il mercato, alimentando un flusso ondivago di interpretazioni sui tempi del processo di normalizzazione monetaria. Accompagnato da reazioni a tratti violente. Non a caso, in poco più di due settimane, il rendimento del bund tedesco si è impennato di quasi 40 punti base, trascinando verso l’alto la curva dei tassi europei. E nonostante le rassicurazioni della Banca centrale europea, molti osservatori restano convinti che Mario Draghi stia preparando il terreno per un cambio di rotta, verso l’annuncio a settembre di un’ulteriore riduzione dello stimolo monetario, a partire dal 2018.
Il presidente dell’autorità monetaria ha confermato che, dopo tre anni, si recherà al simposio della Fed a Jackson Hole, negli Stati Uniti. Il consueto summit dei banchieri centrali, che si terrà tra il 24 e il 26 agosto, potrebbe essere il pulpito ideale per lasciar trapelare qualche indizio sulla traiettoria dei prossimi mesi. Ma già dalla prossima settimana, in occasione del Consiglio Direttivo della Bce, potrebbe emergere un segnale di discontinuità .
“Il primo passo, in occasione della riunione del 20 luglio, sarà probabilmente quello di apportare alcuni cambiamenti nella sua dichiarazione, eliminando forse il riferimento ad un orientamento espansivo in relazione al programma di acquisto di titoli (“Siamo pronti ad aumentare il nostro programma di acquisto di titoli in termini di volumi e/o di durata”). Rimuovendo questa frase – spiega Björn Eberhardt, head of global macro analysis & strategy di Credit Suisse – si prepara il terreno per il prossimo passo importante: l’annuncio di un ridimensionamento degli acquisti di titoli a partire da gennaio 2018. Riteniamo che la riunione del 7 settembre sarà verosimilmente sfruttata per annunciare questo cambiamento”.
Settembre è ritenuta la data più probabile, per diverse ragioni: Draghi avrà tra le mani le nuove previsioni macroeconomiche, che gli consentiranno di avere maggiore visibilità sulle prospettive dei prossimi mesi. A quel punto, poi, mancheranno tre mesi abbondanti alla fine del 2017, identificato in precedenza come orizzonte di riferimento per gli acquisti da 60 miliardi di euro su base mensile nell’ambito del programma di allentamento quantitativo. L’entità del nuovo taglio – dopo quello concretizzatosi ad aprile – e il ritmo del tapering, cioè la riduzione dello stimolo monetario, dipenderanno in larga misura dai dati economici freschi di cui disporrà Francoforte sul finire dell’estate.
“Crediamo che gli acquisti mensili saranno ridotti di 15–20 miliardi di euro per una durata di almeno un trimestre”, calcola Eberhardt – è probabile che il programma di acquisto di titoli vada progressivamente a concludersi in sei-nove mesi. Questo implica anche che, nel 2018, la Bce potrebbe introdurre cambiamenti del ritmo mensile degli acquisti più rapidamente, dopo un primo annuncio, correggendo quindi gli acquisti già a partire dal mese successivo. Riduzioni degli incrementi trimestrali di 15/20 miliardi appaiono ragionevoli anche in questo caso”.
Ammesso che il percorso di normalizzazione avanzi senza intoppi, lo strategist di Credit Suisse ipotizza che i tassi restino invariati finché la Bce non staccherà la spina delle iniezioni di liquidità . “Una modesta correzione del tasso sui depositi potrebbe quindi subentrare non prima della fine del 2018 – conclude l’espero -. Rialzi del principale tasso di rifinanziamento sono prevedibili solamente nel 2019”.
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