ROMA (WSI) – L’Eba, l’Autorità bancaria europea, aveva già avvertito nel 2014 l’Italia sui rischi che correva per quanto riguarda il settore bancario. A dirlo il numero uno della stessa autorità Andrea Enria nel corso di un’intervista a La Stampa.
Il caso limite discusso riguarda il recente salvataggio delle due banche venete, Veneto Banca e Popolare di Vicenza le cui modalità sono criticate da Enria in due punti.
“Il primo: nella liquidazione (quella con le regole italiane, ndr) nessun creditore dovrebbe trovarsi in condizioni migliori di quelle previste in caso di risoluzione (quella con le regole europee, ndr). Qui sembra essere accaduto. Il secondo: l’Autorità di risoluzione europea ha detto che non c’era l’interesse pubblico per l’attivazione della risoluzione; le autorità nazionali hanno invece valutato che l’interesse pubblico ci fosse, così da giustificare il suo intervento. Sembrano coesistere nozioni diverse di interesse pubblico”.
Secondo Enria le due banche avevano attività complessive per circa 60 miliardi di euro e per il loro salvataggio sembrano essere stati applicati criteri molto restrittivi per attivare gli strumenti di risoluzione e la rete di protezione europea. A tal proposito Enria difende a spada tratta le regole europee e spiega anche il perché.
“La questione è nota da tempo. Nel 2014 insieme all’Esma (la Consob europea, ndr) abbiamo pubblicato un documento che richiamava le banche a rispettare rigorosamente le regole della direttiva Mifid – in vigore dal 2004 – nel vendere alla propria clientela al dettaglio strumenti rischiosi. Inoltre le nuove regole sono ormai in vigore da anni e le banche avrebbero già dovuto avviare una ristrutturazione del proprio passivo, ovvero di quelle obbligazioni (…) La direttiva sulla risoluzione sancisce un principio sacrosanto: le banche e le autorità di controllo si devono preparare per tempo ad affrontare una crisi. Il cosiddetto “bail-in” è solo una parte di quell’impianto di norme”.