ROMA (WSI) – A lanciare la bomba Il Fatto Quotidiano e ancora una volta sotto i riflettori è Bankitalia, accusata di esser pienamente a conoscenza delle operazioni baciate della banca Popolare di Vicenza, fin dal 2012.
A dirlo proprio l’ex vicedirettore della Popolare Paolo Marin che punta il dito contro i vertici dell’istituto che sapevano di quei fidi o prestiti più vantaggiosi offerti in cambio di azioni o obbligazioni subordinate di una banca non quotata a persone fisiche o imprese.
Una concessione di linee di credito che ha il sapore di un vero e proprio ricatto e tramite cui il valore di un’azione di Banca Popolare di Vicenza era arrivata a crescere da 16 a 62 euro. Inoltre, come sottolinea Il Fatto, per i territori in cui le due banche operavano la beffa è stata doppia, anzi tripla.
“In un battito di ciglia si sono ritrovati senza linee di credito, con le casseforti piene di azioni e obbligazioni subordinate che valevano carta straccia e con l’incubo pendente che quei loro crediti in sofferenza siano ceduti ad avvoltoi pronti a prendersi le garanzie reali di quei fidi e di quei prestiti – leggi: case e capannoni – a prezzi di saldo. Se l’Italia è in vendita, il Veneto rischia di essere l’outlet, tanto per essere chiari”.
Secondo l’ex vicedirettore della Pop Vicenza sia il governatore di Bankitalia Ignazio Visco che il capo della vigilanza Carmelo Barbagallo – che hanno sempre detto di aver scoperto le operazioni baciate di Banca Popolare di Vicenza solo il 26 febbraio del 2015 – erano già a conoscenza di tali operazioni e non hanno fatto nulla.
Un’accusa quella di Marin che è confermata anche dall’ispezione fatta dalla Consob, tra marzo 2015 e febbraio 2016 in cui si legge, dice Il Fatto, che le operazioni baciate andavano avanti dal 2009 e che in PopVi lo sapevano tutti i funzionari operativi?