Economia

Portogallo rifiuta austerity, economia si riprende

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Il Portogallo si avvia a entrare nel club delle economie virtuose, dopo una ripresa eccezionale negli ultimi due anni. La Commissione europea sta per mettere fine alla procedura contro il Paese per deficit eccessivo. Uno scenario che era difficile da ipotizzare per uno Stato che nel 2011 appariva in condizioni disperate, vicino alla bancarotta e costretto a chiedere un grosso prestito al Fondo Monetario Internazionale e all’Unione europea. Oggi il Portogallo sembra lontano dall’essere uno dei PIGS, acronimo usato per indicare gli Stati con situazioni drammatiche durante la crisi finanziaria.

La coalizione di sinistra al potere dalla fine del 2015, con il primo ministro Antonio Costa, ha promesso di girare la pagina dell’austerity e per ora i risultati sembrano vedersi, in positivo. Dal 2016 il deficit è al di sotto del 3% del Pil, soglia richiesta dalle regole europee e il Portogallo prevede di raggiungere l’equilibrio di bilancio nel 2020. Anche la disoccupazione è inferiore al 10%.

La ricetta di Costa? Eliminazione delle sovratasse sull’imposta sui redditi, aumento dei salari minimi e delle pensioni, ritorno graduale alla settimana da 35 ore per i dipendenti pubblici. In più, tagli agli investimenti pubblici, in calo del 30%, e aumento delle imposte societarie e di quelle indirette, fra cui quella sul carburante. L’obiettivo è dare ottimismo alla classe media per far riprendere i consumi.

Nel 2014, governato da una coalizione di centrodestra, il Portogallo ha rifiutato l’ultima tranche di aiuti internazionali e da allora l’economia ha incominciato a riprendersi. “Il nostro è un modello che può essere esportato nel resto del continente”, ha detto il ministro delle Finanze Mario Centeno. Resta comunque cautela sul futuro dell’economia del Paese, soprattutto a causa del debito pubblico molto alto, terzo nell’Eurozona dopo Grecia e Italia e per il settore finanziario ancora instabile.