ROMA (WSI) – Restituite ai risparmiatori il maltolto. Tuona così Bankitalia agli istituti di credito che si sono rifatti sui clienti per recuperare quanto versato al Fondo di risoluzione interbancario, per salvare altre banche, ossia Etruria, CariFerrara, Carichieti e Banca Marche.
In base alle norme europee, tale fondo dovrebbe essere rimpinzato con utili e riserve delle banche che però trovano ovviamente più comodo far pagare il tutto ai propri clienti. Come? Direttamente sui conti correnti introducendo costi aggiuntivi.
Così 12 euro è la cifra in più chiesta da Ubi banca ai suoi correntisti, 25 euro per quelli di Banco Popolare, 10.12 euro Unicredit, e 24,32 euro Deutsche bank sono alcuni esempi di costi aggiuntivi chiesti dalle banche a cui si è aggiunta ultimamente anche Intesa Sanpaolo, che dal primo agosto scorso ha aumentato fino a 10 euro al mese i costi dei conti aperti prima del 2016 e con una giacenza media superiore a 2mila euro (sono circa il 30% del totale).
In questo caso l’aumento è stato giustificato con la “riduzione dei tassi di mercato”, che rendono la liquidità lasciata sul conto un “costo” per la banca.
Da qui l’esposto presentato da alcune associazioni di consumatori, Altroconsumo e Movimento difesa del Cittadino a Bankitalia. Ora via Nazionale ha risposto e ha comunicato alle stesse associazioni di ” riesaminare le modifiche realizzate a far tempo dal gennaio 2016 alla luce del quadro complessivo di riferimento e di adottare, laddove necessario, iniziative correttive a tutela dei clienti, compresa l’eventuale restituzione delle somme percepite”.
Per Intesa SanPaolo la giustificazione addotta per l’aumento non è stata accettata dalla Banca d’Italia, considerando che le giacenze sul conto non sono remunerate dalla banca guidata da Carlo Messina.
Dal canto loro però le banche si difendono affermando che da Bankitalia non è arrivato alcun obbligo di rimborso ma una semplice richiamo. La sfida è nuovamente aperta.