Seadrill, gruppo che fornisce servizi di perforazione petrolifera, ha fatto ricorso all’amministrazione controllata. Da qui al 12 settembre l’azienda norvegese intende mettersi sotto la protezione della legge americana sulle bancarotte societarie in vista di un piano di ristrutturazione del suo debito colossale.
La notizia – comprensibilmente, viste anche le perdite pesanti che subiranno azionisti e obbligazionisti – ha seminato il panico nel settore in Borsa, con le azioni Saipem che ieri per esempio sono scese sui minimi in area 3,014 euro. Oggi tuttavia il titolo del gruppo italiano di servizi energetici rimbalza e solo FCA fa meglio in termini di andamento giornaliero a Piazza Affari.
Colpita in pieno dalla discesa dei prezzi dei barili di petrolio, arrivata tre anni fa proprio in un momento in cui la società aveva fatto investimenti importanti, da mesi Seadrill è impegnata in trattative delicate con i creditori. Alla fine di giugno il debito di Seadrill toccava gli 8 miliardi di dollari.
“Per il momento il nostro obiettivo principale”, ha fatto sapere l’azienda scandinava, “è di concludere i negoziati definitivi sul piano di ristrutturazione globale, che sono a uno stadio avanzato”. Il piano sarà probabilmente messo in atto – stima Seadrill – tramite il ricorso alla procedura del Chapter 11 (la legge americana sulla gestione delle bancarotte fallimentari) il 12 settembre o anche prima” di quella data.
Lo ha fatto sapere il direttore generale di Seadrill, l’americano Anton Dibowitz, citato nella nota in cui vengono resi noti i risultati trimestrali poco incoraggianti. L’ex direttore commerciale di Seadrill, ha preso le redini le gruppo lo scorso primo luglio, prendendo il posto di Per Wullf. La ristrutturazione dovrebbe implicare un aumento di capitale di circa 1 miliardo di dollari, un prolungamento dei prestiti bancari e, come già annunciato, delle perdite “significative” per gli obbligazionisti e gli azionisti. Non saranno risparmiati i cantieri navali.
Controllata dal miliardario cipriota di origine norvegese John Fredriksen, Seadrill ha uno staff di 5.000 dipendenti nel mondo. Nel secondo trimestre ha subito una perdita netta pari a 143 milioni di dollari, un risultato che si confronta con un utile di 252 milioni registrato un anno prima.
Anche il risultato operativo è calato sprofondando in rosso (-100 milioni di dollari) contro i 364 milioni di utile dell’analogo periodo 2016. Il giro d’affari si è ristretto del 33,5%, a quota $577 milioni.
“Sebbene il contesto di mercato sia difficile, la continuità delle operazioni e i legami solidi con la clientela ci hanno permesso di sostituire un certo numero di unità di perforazione nel trimestre”, ha sottolineato Dibowitz.
In Borsa i titoli Seadrill hanno pagato caro gli ultimi dati e le ultime notizie: ieri il calo è stato anche del 40% con il valore di capitalizzazione in Borsa che è ormai praticamente dimezzato da inizio anno. Dopo aver chiuso a 287 corone norvegesi il mese di settembre 2013, ora il titolo vale appena 1,87 corone (meno di 0,24 dollari).