Riciclaggio, la mera tracciabilità delle somme non cancella le responsabilità penali
Corte d’Appello di Palermo – Sezione IV – Sentenza 10 aprile 2017 n. 1696
La tracciabilità dei movimenti relativi al di chiara provenienza illecita non cancella il delitto di riciclaggio.
Questa decisione, presa dalla Corte di Appello di Palermo con la sentenza indicata in premessa ha confermato il giudizio di primo grado del Tribunale di Trapani e aggiungendo altresì che, l’aver creato delle «difficoltà» nella ricostruzione dei diversi passaggi dei soldi ne conferma ulteriormente l’impianto accusatorio.
Il Tribunale di Trapani, infatti, aveva ritenuto colpevole l’imputato del reato previsto dall’ articolo 648 bis comma 3 del codice penale, «perché, avendo ricevuto sulla propria carta (attivata presso l’Ufficio Postale), la somma di 970,00 euro proveniente dal delitto di frode informatica, commesso in danno del c/c n. (…) intestato all’amministrazione di condominio dei civici n. (…), trasferiva tale somma di denaro a persona residente all’estero mediante vaglia effettuato presso intermediario finanziario» .
Nell’atto di appello, l’imputato, da una parte, ha sostenuto che «alcun atto dissimulatorio richiesto per l’integrazione del reato di riciclaggio si era verificato, risultando che le movimentazioni del denaro erano rimaste sempre immediatamente tracciabili». Dall’altro, che l’imputato, «avanti negli anni e vedovo, nel tentativo di crearsi una nuova vita sentimentale, come documentato dai rapporti epistolari intercorsi, era rimasto coinvolto nelle operazioni di trasferimento in assoluta buona fede e senza mai potersi render conto dell’origine illecita delle somme».
Per il Collegio però «la tracciabilità e pertanto il pronto accertamento dei movimenti del denaro di provenienza delittuosa verso e dalla postepay, non escludono gli estremi oggettivi del reato di riciclaggio, rilevando al riguardo, come già chiarito dal primo giudice, anche la sola difficoltà creata all’individuazione dei passaggi intermedi e finali del provento del reato».
Nel caso particolare, infatti, dopo aver individuato la destinazione iniziale dell’importo, e cioè la Postepay dell’imputato, «si è reso necessario acquisire i dati tracciabili dei movimenti in entrata ed in uscita di detta postepay, in modo da poter comprendere che si era verificato un ulteriore trasferimento all’estero del denaro di origine delittuosa». E questa seconda operazione «ha di fatto reso irrecuperabile il medesimo importo, potendo l’ultimo destinatario dopo il prelievo all’estero farne perdere ogni traccia». Ciò, prosegue la decisione, «non sarebbe potuto avvenire senza l’apporto dell’imputato, il quale pertanto ha contribuito al risultato finale di tutta la condotta».