È la storia di un rapporto molto disteso, per usare un eufemismo, fra vigilanti e vigilati: questa la ricostruzione che Il Fatto Quotidiano offre nel descrivere le vicende intercorse negli ultimi anni fra Bankitalia e Ubi Banca. Nel 2014, nel bel mezzo di una serie di perquisizioni scattate in seguito alle denunce di irregolarità nella governance, l’ad di Ubi, Victor Massiah, avrebbe contattato il capo della vigilanza Bankitalia, Carmelo Barbagallo, per ottenere “conforto”. A dare prova di questo incontro è un’intercettazione fra lo stesso Massiah a Franco Polotti, presidente del consiglio di gestione.
“Sono stato testimone fisico, ed è la verità, di quello che lei ha fatto per noi”, esordisce Massiah con Polotti, per poi lamentare “l’accanimento” della Consob e descrivere Barbagallo “assolutamente stupito da questa cosa, che però, dice, sa ci sono anche due Consob non una sola. [… Barbagallo] è stupito oltretutto dell’uso di un articolo che è pesante nel fare queste robe qui… Insomma mi ha dato segnali di fiducia e solidarietà”.
Secondo il Fatto “l’inchiesta dei pm Walter Mapelli e Fabio Pelosi”, conclusa con un rinvio a giudizio di 30 indagati, compreso l’amministratore delegato di Ubi Banca, “pone seri interrogativi sui rapporti tra vigilanza e banche”. Fra i reati contestati dai pm, c’è anche “ostacolo alla vigilanza”.
Secondo il Fatto esisterebbe una correlazione fra questa presunta vicinanza fra i vertici di Ubi Banca e Bankitalia e l’assegnazione (datata gennaio 2017) da parte del Fondo di risoluzione di “Banca Marche, Etruria e Carichieti, tre delle quattro banche ‘risolte’ il 22 novembre 2015. Pochi giorni dopo la Banca d’Italia comunica a Ubi Banca di aver deciso, ‘valutate le contro deduzioni presentate’, di non dare seguito a quell’iter sanzionatorio avviato dieci mesi prima”.