La bolla speculativa si è sgonfiata di colpo. Finito il periodo negativo del dollaro Usa, che dopo i dati sul Pil americano migliori del previsto nel secondo trimestre ha ripreso a crescere di prezzo, risalendo dai minimi di due anni e mezzo sull’euro – è finito anche il momento magico dell’oro.
Nelle contrattazioni asiatiche della notte le quotazioni hanno subito un flash crash improvviso, bucando la soglia tecnica importante di 1.300 dollari l’oncia e vanificando i rialzi messi a segno di recente. Il contesto macro e geopolitico non è sufficiente a spiegare un simile tracollo, avvenuto in un fazzoletto ristretto di tempo.
Anche l’argento ha seguito a ruota, violando anch’esso livelli psicologici chiave, con 1.300 contratti (per un valore nominale di 115 milioni di dollari) scaricati alle sole 21.43 ora di New York, le 3.43 italiane.
Sul mercato valutario l’indice del dollaro – che misura la prova del biglietto verde nei confronti di un paniere di divise rivali – è salito di colpo, in concomitanza con i cali accentuati dei metalli preziosi. Nelle ultime 48 ore sorprende che il dollaro Usa non abbia fatto un solo passo falso (vedi secondo grafico in basso).
Un simile fenomeno ha spinto qualche commentatore di mercato a speculare che dietro a tutto questo ci sia la mano della Banca del Giappone. Il flash crash dell’oro ha inoltre le medesime fattezze del balzo improvviso registrato lunedì, prima che la Corea del Nord minacciasse il mondo intero, innervosendo i mercati finanziari, con il lancio del missile che ha sorvolato il Giappone (vedi ultimo grafico in basso).