In Paesi come Portogallo e Spagna l’euro forte “è il primo pericolo”: a sostenerlo è Daniel Gros, direttore del think-tank Centre for European Policy Studies.
In un’intervista rilasciata a Cnbc, l’economista ha detto di ritenere la soglia dell’euro a 1,20 dollari quella oltre la quale le economie più focalizzate sull’esportazione e ad elevato debito estero rischiano di soffrire. “Finché non va molto al di sopra” di tale soglia, Irlanda, Portogallo e Spagna, “dovrebbero essere in grado di continuare. Ma se ci fosse un lancio troppo alto del tasso di cambio allora avrebbero sicuramente un problema per via del grosso debito estero, non hanno una ruota di scorta”, ha argomentato Gros. Tramite le esportazioni nette un Paese è in grado di ricavare la valuta “pregiata” necessaria al pagamento dei suoi debiti contratti con l’estero. Se il cambio dell’euro si rafforza, le esportazioni e dunque il pagamento di tali debiti divengono più difficoltosi.
Un elemento che potrebbe favorire una moderazione nel tasso di cambio dell’euro potrebbe essere un segnale verso la riduzione degli stimoli monetari da parte della Bce; segnali che per il momento non sono arrivati e che lasciano il mercato in attesa.
L’euro forte, inoltre tende a moderare l’inflazione, che già ora è vista dalla Bce al di sotto del target anche in vista dei prossimi mesi.
Secondo il vice presidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, le politiche monetarie della Bce saranno guidate principalmente dall’andamento dei prezzi: “Penso che sarà l’elemento guida per la Bce per decidere in quale momento iniziare a riaggiustare il programma Qe”.
Attualmente l’euro è a quota 1,187 sul dollaro in discesa dal recente picco del 29 agosto, a oltre 1,2 dollari.