Approvata dalla Camera nel 2015, ora in discussione al Senato, la proposta di legge sulla cittadinanza italiana, introduce due nuovi criteri applicabili per chi ha meno di 18 anni, ovvero lo ius soli (“diritto legato al territorio”) temperato e ius culturae (“diritto legato all’istruzione”).
Si tratta quindi di criteri in contrasto con lo ius sanguinis ( “diritto di sangue”) attualmente in vigore, in base al quale un bambino è italiano se almeno uno dei genitori è italiano.
Un bambino nato da genitori stranieri, anche se partorito sul territorio italiano, può chiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni e se fino a quel momento abbia risieduto in Italia “legalmente e ininterrottamente”.
Lo ius soli “temperato”, presente nella legge presentata al Senato, prevede invece che un bambino nato in Italia diventi automaticamente italiano se almeno uno dei due genitori si trova legalmente in Italia da almeno 5 anni. Si tratta di un sistema che si differenzia dallo ius soli puro, in cui ottiene la cittadinanza automaticamente chi nasce nel territorio di un certo stato, senza nessun riferimento ai genitori. Questo sistema è presente negli Stati Uniti, ma in nessuno degli Stati dell’Unione europea.
L’altra strada per ottenere la cittadinanza è quella del cosiddetto ius culturae, e passa attraverso il sistema scolastico italiano. In questo caso, potranno chiedere la cittadinanza italiana i minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni e superato almeno un ciclo scolastico (cioè le scuole elementari o medie).
Potrà anche chiederla chi non ancora maggiorenne sia entrato in Italia, vi risieda da almeno 6 anni e abbia frequento un ciclo scolastico o un percorso di istruzione professionale, ottenendo un titolo di studio.
In ogni caso è necessaria una dichiarazione di volontà di un genitore o di chi esercita la responsabilità genitoriale, da presentare al Comune di residenza entro il compimento della maggiore età.