L’andamento del dollaro statunitense, che è stato sotto pressione per gran parte del 2017, ha attirato su di sé molta attenzione, alimentando il dibattito sulle dinamiche sottostanti, teso a determinare se questa tendenza si trovi in un punto di flessione o se dovremmo aspettarci ulteriori debolezze.
Il dollaro Usa sta affrontando un 2017 complesso finora, dato che da inizio anno ad ora si è indebolito contro quasi tutte le valute dei Paesi sviluppati e dei Mercati Emergenti. Quasi nessuno dei fattori che avrebbero dovuto, secondo le aspettative, farlo risalire si è verificato, e al momento ci troviamo in un punto in cui le aspettative riguardo alla capacità dell’amministrazione Trump di implementare riforme che sostengano la crescita si trovano al minimo storico. Allo stesso tempo, la persistenza della bassa inflazione ha ridotto le speranze sul fatto che la Fed attuerà ulteriori rialzi dei tassi.
Si è trattato di una tempesta quasi perfetta per il dollaro Usa. Date le potenziali implicazioni della prolungata debolezza del dollaro per l’inflazione Usa e per l’economia globale più in generale, ora la domanda è se questa situazione durerà ancora.
In termini di valutazioni, il dollaro Usa è al momento attraente, dopo essersi deprezzato da inizio anno ad oggi del 15% dal picco nei confronti dell’euro raggiunto a dicembre 2016 e dell’8% circa rispetto allo yen giapponese. Allo stesso modo, diverse valute dei Mercati Emergenti, compreso lo zloty polacco, la corona ceca e il peso messicano, hanno registrato nel 20171 guadagni in eccesso del 10% rispetto al biglietto verde.
Dal punto di vista dei fondamentali, l’economia statunitense si è ripresa dopo un difficile inizio del 2017, e sembra sulla strada giusta per crescere sopra al 2% quest’anno. Ma un driver chiave della debolezza del dollaro è stata l’inflazione costantemente debole, che ha insinuato dubbi riguardo al fatto che la Fed possa decidere l’ultimo dei tre rialzi dei tassi pianificati per quest’anno.
Il consensus non prevede un altro rialzo dei tassi quest’anno, ma non è da escludere, visto che la crescita è al di sopra del potenziale e l’inflazione sembra aver già toccato il punto più basso. Sia il differenziale a livello di crescita che quello in termini di tassi di interesse tra gli Stati Uniti e gli altri Paesi sviluppati dovrebbero essere di supporto per il dollaro statunitense, ma queste relazioni sono state smentite recentemente.
Al di là dei fondamentali e delle valutazioni, i fattori di fuga (push factors) e quelli attrattivi (pull factors) dovrebbero avere un’influenza sulle valute. Il principale fattore di fuga per la moneta Usa quest’anno è stata l’incertezza riguardo all’amministrazione Trump e alla sua capacità di attuare le riforme.
Sin dal suo insediamento, l’amministrazione Trump ha avuto difficoltà a far approvare le proprie politiche. Dato che le misure su tasse e infrastrutture non saranno probabilmente affrontate prima della fine del 2017, dubitiamo che una politica di stimolo fiscale reale arriverà prima del 2018, come minimo. Quindi sebbene sia incoraggiante il fatto che si sia raggiunto un accordo di breve termine per evitare la caduta del Governo a settembre, in realtà si potrebbe trattare soltanto di un modo per rimandare la questione.
Inoltre, il dollaro è anche vittima del fattore di attrattività di cui ha beneficiato l’euro. Su questo fronte, è importante monitorare se le autorità europee utilizzeranno la loro retorica contro la debolezza del dollaro, nel momento in cui riterranno che questa potrebbe rappresentare una minaccia per la ripresa economica dell’UE, appena partita. La Banca Centrale Europea ha già espresso la propria preoccupazione, sottolineando durante l’ultimo meeting di settembre che un euro più forte rischia di spingere ancora più giù l’inflazione.
Riteniamo che non ci siano molti fattori attrattivi evidenti per il dollaro Usa nel breve termine. Tuttavia è da sottolineare il fatto che se il caos politico dovesse diminuire, non sorprenderebbe vedere una ripresa della valuta. Il mercato valutario è molto efficiente nel prezzare le buone notizie. Qualsiasi progresso fatto da Trump nell’implementazione di ulteriori politiche a sostegno della crescita si rifletterà rapidamente sul prezzo del dollaro.
Un’altra influenza positiva, di cui ci si è scordati ultimamente, è il tradizionale potere protettivo del dollaro. Il biglietto verde continua ad essere la valuta scelta in momenti di crisi. Il suo status di porto sicuro resta intatto.