Economia

Fmi: ripresa economia globale potrebbe non durare

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Nonostante i segnali positivi provenienti dai paesi occidentali, escluso il Regno Unito, la ripresa in atto del Pil globale potrebbe non durare a lungo. Lo ha riconosciuto il Fondo Monetario Internazionale nel suo ultimo World Economic Outlook, il rapporto semestrale sullo stato di salute dell’economia mondiale.

La crisi finanziaria esplosa ormai quasi dieci anni fa, rischio che i governi, percependo un falso senso di sicurezza generato dai mercati finanziari in rialzo, possano illudersi che il pericolo sia del tutto scampato. Le autorità di politica monetaria dovrebbero tenere conto di questa compiacenza pericolosa, tenendo alta la guardia.

Detto questo l’Fmi ha rivisto al rialzo le stime sulla crescita dell’economia e ora stima un Pil in espansione del 3,6% quest’anno e del 3,7% nel 2018 dopo il +3,2% dell’anno scorso. I dati rappresentano in entrambi i casi (2017 e periodo successivo) un miglioramento di dieci decimali rispetto alle ultime previsioni del rapporto di aprile e rispetto alle stime rese note a luglio.

I numeri sono da considerare positivi, ma quello che salta ancora più all’occhio è che quasi ogni economia del mondo industrializzato ed emergente sta crescendo in simultanea. È da dieci anni che non succedeva.

“Se si ragiona in termini di cicli positivi è difficile trovare molti altri precedenti“, commenta a tal proposito Brian Coulton, chief economist dell’agenzia di rating Fitch. “È la crescita dell’economia più robusta cui abbiamo assistito dal 2010”.

Cosa succederà quando banche centrali iniziano a vendere?

In Europa la domanda in aumento in Germania e la ripresa in paesi che negli ultimi anni sono rimasti molto indietro come Italia, Spagna e Portogallo, dovrebbe portare a una crescita del Pil del 2,2% in Eurozona, una variazione percentuale più che raddoppiata rispetto alla media degli ultimi cinque anni.

In Giappone le misure di stimolo della banca centrale e le riforme attuate dal governo hanno favorito un’espansione dell’attività dell’economia dell’1,5%. Tre anni fa il Pil saliva al ritmo blando dello 0,3%. Insomma, si tratta di un bel cambio di passo in due aree che negli ultimi tempi avevano fatto molta fatica a imporsi dopo la crisi finanziaria più grave dagli Anni 30.

Nel frattempo le massicce spese nelle infrastrutture da parte della Cina, le riforme economiche in paesi emergenti come Brasile, Indonesia e India e il rafforzamento dei prezzi delle materie prime, che aiuta paesi produttrici di gas e petrolio come la Russia, ha alimentato la crescita dell’economia nelle aree in via di Sviluppo.

Il problema riguarda però quello che faranno le banche centrali. Dallo scoppio della crisi nel 2008, le autorità di politica monetaria hanno accumulato più di 14 mila miliardi di dollari di attivi finanziaria. Per fare un confronto si tratta di un ammontare che supera di 3 mila miliardi di dollari il Pil annuale della Cina.

Gli investitori e i governi potrebbero non essere pronti a quello che accadrà quando le banche centrali di tutto il mondo metteranno fine a queste politiche di denaro facile e iniezioni di denaro senza precedenti. Cosa succederà quando Bce, Federal Reserve, Banca del Giappone e Banca d’Inghilterra inizieranno a vendere anziché comprare?