Fare pagare più tasse alla fetta più benestante della popolazione non comprometterebbe la crescita economica e anzi contribuirebbe a ridurre le disuguaglianze sociali che sono in continuo ampliamento. È l’opinione del Fondo Monetario Internazionale che in una nuova analisi ha lanciato quindi un appello ai governi, compreso quello degli Stati Uniti che invece sembra intenzionato ad andare nella direzione opposta, perché venga affrontato il problema delle crescenti divergenze di reddito.
Nel suo ultimo e influente rapporto semestrale, intitolato “Fiscal Monitor”, appena pubblicato, il fondo di Washington sostiene che tassare ancora di più i cittadini che guadagnano maggiormente non avrebbe un impatto negativo sulla crescita dell’economia. Una tassazione “progressiva” e una qualche misura di trasferimento fiscale sono componenti chiave per una strategia di ridistribuzione della ricchezza più equa.
Anche se non viene mai detto espressamente, la frecciata a Donald Trump è evidente: il governo americano intende proporre una legge di riforma dell’impianto fiscale che vedrebbe una riduzione sia della corporate tax al 20%, sia del numero e dell’ampiezza della forchetta degli scaglioni delle aliquote di imposta.
Il Fondo Monetario Internazionale pare invece schierarsi al fianco di quei partiti di centro sinistra, come il Labour nel Regno Unito, che chiedono un livello di tasse più alto per i più ricchi per contrastare il problema annoso delle disuguaglianze.
Da Fmi placet ad aumento tasse e a patrimoniale per i più ricchi
La teoria economica in materia di tasse suggerisce che ci dovrebbero essere aliquote fiscali più alte per quelli che hanno i redditi più elevati ma l’argomento contro una simile misura è sempre stato che una simile manovra avrebbe avuto un impatto avverso sulla crescita dell’economia.
I risultati empirici dimostrano che le preoccupazioni non sono fondate, “almeno per quanto riguarda i livelli di progressività che non sono da ritenere eccessivi”, scrive l’FMI nel report, aggiungendo che dovrebbero essere presi in considerazione anche diversi tipi di patrimoniale mirate.
Il report non cita mai i casi dei singoli paesi ma il concetto espresso è un chiaro attacco alle politiche promesse e promosso fin qui dal presidente americano. Il maxi piano di riforma fiscale deve ancora essere approvato dal Congresso Usa, ma dai dettagli che sono emersi finora sembra che si tratterà di una modifica favorevole a ricchi e grandi aziende.
Sul limite oltre il quale l’aliquota sui più ricchi diventerebbe controproducente, Vitor Gaspar, direttore del Dipartimento delle Finanze Pubbliche dell’Fmi, dice che ancora non si è arrivati a una conclusione. Dagli Anni 70 a oggi, tuttavia, si può affermare che le tasse imposte alla fascia più benestante della popolazione sono scese uniformemente e pertanto l’FMI ritiene che ci sia margine per un aumento senza danneggiare la crescita.
Nel grafico sotto riportato, disegnato su un fazzoletto dall’economista Arthur Laffer, si mostra come incrementare troppo le tasse per i più ricchi può portare a un certo punto a un calo delle entrate fiscali. È una teoria spesso citata dalle autorità politiche e dagli economisti favorevoli alla riduzione del carico fiscale ma il problema, come sottolinea Il Guardian, è sapere in quale punto della curva di Laffer effettivamente ci si trova.